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Dai banchi di scuola tutti sappiamo che Mesopotamia significa letteralmente «tra i fiumi» e che si tratta di due fiumi «leggendari»: il Tigri e l’Eufrate. Ma forse non tutti sanno che questi fiumi nascono proprio nell’Anatolia orientale in Turchia e poi passano in Siria. Questo fa sì che parte del territorio turco sia la cosiddetta Mesopotamia settentrionale.
In Turchia, è stato scoperto il sito archeologico più antico di sempre
Göbekli Tepe, è un luogo di culto antichissimo.
Göbekli Tepe è una scoperta sensazionale. Un sito archeologico che è il più antico luogo di culto mai scoperto, un tempo di pietra la cui costruzione – secondo i primi studi – fu iniziata attorno al 9.500 a.C., per poi continuare per un tempo compreso tra i tre e i cinque secoli, impiegando centinaia di uomini. Intorno all’8000 a.C., il sito fu abbandonato e deliberatamente seppellito con la terra.
Costruito su di una collina artificiale alta 15 metri e con un diametro di 300, il suo valore archeologico fu riconosciuto nel 1963, quando un gruppo di ricercatori turchi e americani notò importanti cumuli di frammenti di selce, che nell’età della pietra era simbolo di presenza umana. Trent’anni dopo, un pastore del luogo notò alcune pietre dalla forma strana che uscivano dal terreno; Nel 1995 iniziarono gli scavi, che ancora oggi proseguono.
Perché Göbekli Tepe è davvero enorme. Per il momento, sono stati portati alla luce un santuario monumentale megalitico e quattro recinti circolari, delimitati da giganteschi pilastri in calcare. Secondo chi ha diretto gli scavi, le pietre al loro interno – drizzate in piedi e disposte a cerchio – simboleggerebbero assemblee di uomini. A forma di T, le 40 pietre rinvenute (alte fino a 3 metri) riportano raffigurazioni di diversi animali, alcune delle quali volontariamente eliminate. Pare che, altre 250, siano ancora sepolte sotto il terreno. A circa un chilometro dal sito, è stata invece ritrovata una pietra a forma di T alta 9 metri, probabilmente destinata ad un santuario mai realizzato. Infine, le sculture in argilla, rappresentanti probabilmente volpi o cinghiali.
Giorno 1º: ITALIA QISTANBUL Q MALATYA
Arrivo a Malatya via Istanbul e trasferimento all’hotel prescelto
Dopo il trasferimento partenza per la visita tumulo Aslantepe un sito storico di 4 ettari (40.000 metri quadrati) e di 30 metri di altezza che risale all’età del Rame e al periodo tardo ittita. L’importante risultato è frutto della collaborazione tra Turchia e Italia. Gli archeologi italiani hanno avviato gli scavi nel 1932 e dal 1961 le campagne di scavo sono affidate all’Università “La Sapienza di Roma”. Gli estesi scavi del complesso hanno portato alla luce tracce dell’Età del Bronzo e dell’Impero Ittita, tra cui palazzi appartenenti a sovrani assiri e ittiti Il tumulo è stato densamente popolato dagli Ittiti dal 1900 a.C. al 1200 a.C. e fornisce preziose informazioni sulla vita dell’elite di questa civiltà, dando una comprensione del tipo di vita durante il periodo in cui venivano istituiti il governo centralizzato e il controllo dell’economia
Nel 2021, il Tumulo di Aslantepe e il Museo all’aperto sono stati inseriti nella lista dei siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO, riconoscendo la loro importanza culturale e il loro valore storico poiché testimonia il cambiamento delle tradizioni culturali e della gerarchia insieme all’emergere di nuovi sistemi sociali e politici basati su differenze sociali e privilegi economici. Il sito è anche una fonte di nuovi sviluppi nell’architettura monumentale, nella tecnologia e nelle arti. Il tumulo servì come insediamento dal periodo calcolitico all’XI secolo d.C. Fu utilizzato come villaggio romano durante il V e il VI secolo d.C. e in seguito servì come necropoli bizantina.
SI PUO OMETTERE A seguito degli scavi negli strati tardo ittiti del sito, sono stati portati alla luce un cortile decorato con bassorilievi su pietra, due statue di leoni su entrambi i lati del cancello d’ingresso, nonché una statua del re ittita Tarhunza e un palazzo tardo ittita . Altri reperti includono un palazzo di adobe risalente al 3.300-3.000 a.C., una tavoletta d’avorio di 3.200 anni , un tempio risalente al 3.600-3.500 a.C., più di 2.000 impronte di sigilli, uno scheletro di bambino di 5.700 anni e un oggetti in metallo di qualità. I manufatti mostrano che Arslantepe era un centro ufficiale, religioso e culturale dove nacque l’aristocrazia. Alcuni di questi manufatti sono esposti presso il Museo di Archeologia di Ankara.
Cena e pernottamento in hotel.
Giorno 02º: MALATYA – KAHTA / NARİNCE
Prima colazione in hotel. In mattinata partenza per la visita del monte Nemrut che conserva alcune imponenti statue create nel 38 aC per ordine del re Antioco di circondare la sua tomba. È uno dei siti più straordinari della Turchia ad un’altezza di 2.000 metri ed è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1987. Arriviamo sulla vetta del Monte Nemrut per vedere la tomba del re Antioco realizzata con piccole pietre coniche. con un’altezza di circa 50 metri. Su entrambi i lati, su due terrazze, si possono ammirare le colossali rappresentazioni di divinità greco-babilonesi.
Successivamente proseguimento per Dyarbakir.
Cena e pernottamento in hotel.
Giorno 03º: NARİNCE / MONTE NEMRUT / DİYARBAKIR
L’alba sul Monte Nemrut è un’esperienza indimenticabile, con la luce del sole che sorge e si riflette sul sito archeologico, creando uno spettacolo mozzafiato e emozionante. Il Monte Nemrut non è solo un sito archeologico, ma anche un luogo che evoca un senso di meraviglia e spiritualità.
È uno dei siti più straordinari della Turchia ad un’altezza di 2.000 metri ed è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1987 grazie alle sue colossali teste megalitiche Questo sito, risalente al I secolo a.C. ( nel 38 A.C.), è attribuito al re Antioco I Theos del regno di Commagene, un piccolo territorio che un tempo esisteva tra gli imperi romano e partico. Le teste fanno parte di un complesso santuario più ampio che include un tumulo funerario per la tomba del re e diverse terrazze. Le terrazze sono decorate con statue che rappresentano un mix di divinità greche, armene e persiane, che simboleggiano le influenze culturali della regione. Le più sorprendenti sono le massicce teste in pietra, che si ritiene siano cadute dai corpi delle statue a causa di alcuni terremoti. Queste teste, alcune delle quali misurano fino a 2 metri di altezza, raffigurano probabilmente, oltre alle divinità anche lo stesso re Antioco.
Approfondimenti Monte Nemrut Le statue, che rappresentano varie divinità greche e persiane, così come il re Antioco I stesso, sono state scolpite da grandi blocchi di pietra calcarea. Questi blocchi sono stati poi trasportati sul Monte Nemrut, un’impresa di per sé notevole data la loro mole e il terreno impervio. Una volta sul posto, gli artigiani hanno lavorato i blocchi per dargli la forma desiderata. Le teste delle statue, che oggi si trovano sparse ai piedi dei corpi, originariamente erano collocate in cima ai corpi seduti. Si crede che siano state dislocate dalle loro posizioni originali a causa di terremoti o di altri eventi naturali nel corso dei secoli. Come era di moda per i monumenti religiosi, più si era vicini al cielo e meglio era. Il sito include una grande tumulazione o tumulo, che si pensa contenga la tomba di Antioco. Questo tumulo è composto da una massa di pietre frantumate, coprendo ciò che si ritiene essere una struttura sepolcrale sotterranea. Non solo si trova in cima alla montagna più alta della zona, ma re Antioco la fece innalzare di altri 50 metri aggiungendo un tumulo conico. Da allora, una decina di metri sono andati perduti a causa dell’erosione umana e naturale.
In seguito partenza per la visita di Arsameia, un’antica città nota per i suoi rilievi rupestri e i resti delle sue maestose strutture e situata ai piedi del Monte Nemrut. La città deve il suo nome al re Arsameis dall’Armenia che raggiunse il potere intorno al 260 a.C., nel periodo turbolento delle guerre siriane Chi visita Arsameia, contemplerà i suoi meravigliosi rilievi, esplorerà i tunnel e ammirerà la vista pittoresca dall’Acropoli. Per raggiungerla occorre salire un percorso ripido, con un perca zigzag che molto probabilmente coincide con l’antica via processionale. Il monumento più caratteristico è il cosiddetto Rilievo di Mitra di cui ne è sopravvissuta solo la metà destra, che rappresenta il dio Mitra. Il rilievo mostra i raggi del sole che si irradiano dalla testa del dio che era una divinità solare. Nel pendio della montagna, ci sono diverse grotte naturali utilizzate dall’uomo in epoca preistorica ma di interesse storico è una nicchia monumentale con un soffitto ad arco scavata nella roccia. Nelle profondità della nicchia, c’è un tunnel che scende 14 gradini verso una camera a pianta quadrata con lati di 8 metri e un’altezza di 9 la cui funzionalità non è accertata: si presume fosse il tempio del dio Mitra, oppure la camera funeraria del re Mitridate I Callinico.
Approfondimenti Arsameia: Il nome completo del luogo è Arsameia sul Nymphaios, in quanto distingue questa località dalle altre Arsameias, sull’Eufrate, ora note come Gerger. La città deve il suo nome al re Arsameis dall’Armenia che raggiunse il potere intorno al 260 a.C., nel periodo turbolento delle guerre siriane Le guerre siriane furono combattute tra l’Impero seleucide e il Regno d’Egitto governato dai Tolomei, ovvero tra gli stati che erano gli eredi del vasto ma breve impero di Alessandro Magno.si svolsero nella Celesiria, che copriva i territori della Siria e dell’Anatolia meridionale, nel terzo e secondo secolo a.C. Questo conflitto di lunga durata fu un enorme peso per entrambe le parti, esaurì le loro risorse umane e materiali e permise ai governanti locali di tentare con successo di ottenere il controllo su frammenti del teatro di guerra. Uno di loro fu Arsameis, che fondò il Regno di Commagene. Il suo discendente, il re Mitridate I Callinico, aveva inclinazioni ellenistiche. Si alleò con i Seleucidi e sposò la figlia del re Antioco VIII, Laodice VII Thea Philadelphus. Il loro figlio salì al trono di Commagene come Antioco I Theos Dikaios Epiphanes Philorhomaios Philhellen. Grazie alle origini reali di entrambi i genitori, poteva essere orgoglioso del suo splendido pedigree. Tuttavia, molto probabilmente sarebbe stato completamente dimenticato, insieme al suo regno, se non fosse stato per il programma edilizio da lui avviato qui nei pressi del monte. Durante l’estate il sovrano si trasferiva nel palazzo che era stato eretto ad Arsameia sul monte Nemrut Un muro difensivo circondava le doppie vette della collina dove fu costruita Arsameia. Una delle iscrizioni lasciate da Antioco I informa che egli ampliò anche il palazzo, situato proprio in cima alla collina. Arsameia fu probabilmente abitata fino alla fine del Regno di Commagene, ovvero il regno dell’imperatore Vespasiano che ne incluse il territorio nell’Impero Romano nel 72 d.C. Poco dopo, i soldati della romani usarono gli edifici di questa antica città come cava.
Ricerca archeologica: L’esistenza di Arsamea fu scoperta per caso nel 1951 dall’archeologo tedesco Dörner che condusse delle ricerche sul monte Nemrut. Una persona del posto lo incoraggiò ad andare in un luogo noto nella zona come la “Pietra con un’immagine”. Dopo aver esaminato più da vicino questo esemplare, Dörner dichiarò che si trattava di un rilievo raffigurante il dio Mitra. Mitra indossa un berretto frigio, originariamente associato al culto anatolico di Attis, l’amante della dea Cibele. Nella mano di Mitra c’è un fascio di ramoscelli, noto come barsom e utilizzato dai sacerdoti nei rituali di purificazione. Il retro del blocco di pietra, su cui è stata scolpita la figura della divinità, è coperto di iscrizioni Regno di Commagene. Della metà sinistra del rilievo è stato trovato solo un frammento di un braccio di un re ma non si sa se raffigurasse Antioco I o suo padre Mitridate I. L’intera scena rappresentava probabilmente una stretta di mano tra una divinità e un sovrano. Questo tipo di rappresentazione grafica è chiamata dexiosis. Molti rilievi simili sono stati conservati nel Regno di Commagene, a testimonianza della megalomania dei loro sovrani, che si consideravano uguali agli dei. L’aspetto attuale del rilievo è il risultato della ricostruzione effettuata da Dörner, che ha riassemblato la metà inferiore e i quarti superiori del dio Mitra. Ulteriori lavori permisero di svelare un’iscrizione ben conservata che rese possibile identificare il luogo come Arsameia sul Nymphaios, la capitale estiva dei sovrani di Commagene. Successivamente vennero scoperti i rilievi e i tunnel attualmente noti.
Visita dei SITI 1 2 3 Proseguendo la passeggiata verso ovest, ci imbattiamo nel Sito I (37.942936, 38.655357). Nel pendio della montagna, ci sono diverse grotte naturali utilizzate dall’uomo in epoca preistorica. Inoltre, una nicchia monumentale con un soffitto ad arco è stata scavata nella roccia. Nelle profondità della nicchia, c’è un tunnel che scende 14 gradini verso un tunnel verticale. Apparentemente, alla sua estremità c’è una camera a pianta quadrata con lati di 8 metri e un’altezza di 9 metri. Non abbiamo potuto confermare la sua esistenza durante la visita, perché per motivi di sicurezza alla fine delle scale c’è un solido traliccio. Quanto alla funzione di questa camera, i ricercatori non sono concordi. Dörner ha affermato che era il tempio del dio Mitra, cioè Mitreo. Ci sono anche teorie secondo cui era la camera funeraria del re Mitridate I Callinico.
Sul lato sinistro dell’ingresso del tunnel, c’è un altro rilievo raffigurante la dexiosis, conservato in condizioni deplorevoli. Anche in questo caso, è stato possibile identificare il dio Mitra in piedi sulla destra, contraddistinto da una testa raggiante, mentre il personaggio sulla destra non è stato riconosciuto dai ricercatori. Davanti alla nicchia, ci sono due blocchi, sui quali sono stati scolpiti rilievi di personaggi umani o divini nella parte anteriore. Le loro pareti laterali e posteriori sono fittamente coperte di iscrizioni.
Il Sito II (37.942721, 38.656588). Il monumento più caratteristico che vi si trova è il cosiddetto Rilievo di Mitra che ha suscitato l’interesse dei ricercatori per Arsameia. Ne è sopravvissuta solo la metà destra, che rappresenta il dio Mitra. Il rilievo mostra i caratteristici raggi del sole che si irradiano dalla testa del dio, perché era una divinità solare. Mitra indossa un berretto frigio, originariamente associato al culto anatolico di Attis, l’amante della dea Cibele. Nella mano di Mitra c’è un fascio di ramoscelli, noto come barsom e utilizzato dai sacerdoti nei rituali di purificazione. Il retro del blocco di pietra, su cui è stata scolpita la figura della divinità, è coperto di iscrizioni.
Dietro il Sito I, il percorso turistico svolta bruscamente verso est per portare i visitatori al Sito III (37.943325, 38.656036). Una ripida salita sulla collina è presto ricompensata dalla vista della scena di dexiosis meglio conservata di Arsameia: una stretta di mano scambiata tra il re Mitridate e il mitico eroe Eracle. Mitridate, in piedi sulla sinistra, è vestito con magnifiche vesti e indossa un kitaris, un’alta corona, caratteristica dei sovrani dell’antica Armenia. Stringe la mano di Eracle nudo e barbuto, che può essere facilmente riconosciuto dalla sua famosa clava.
Poco sotto questo rilievo, c’è l’ingresso di un tunnel. L’iscrizione sopra di esso, scritta in cinque colonne, contiene la storia della fondazione di Arsameia e la costruzione dell’ierothesion sul suo territorio, istruzioni per la corretta esecuzione dei rituali religiosi e i titoli di Antioco, Mitridate e della regina Laodice, figlia di Antioco. Lo stesso Antioco è menzionato come un dio giusto ed eminente, amico dei Romani e amico dei Greci. Grazie al fatto che fin dall’antichità l’iscrizione è rimasta sotterranea, si trova in ottime condizioni.
Il tunnel già menzionato è stato scavato nella roccia per uno scopo a noi sconosciuto. È lungo quasi 160 metri e si addentra nella terra. Questo tunnel non è protetto e gli avventurieri coraggiosi possono percorrerlo fino in fondo, scendendo su ripidi gradini. Tuttavia, questo è un compito pericoloso perché il tunnel si trova in totale oscurità. Pertanto, una torcia elettrica, così come calzature adatte, sono essenziali, poiché alcuni gradini sono molto consumati e il tunnel a volte è allagato. Dopo aver percorso i primi 50 metri, il tunnel diventa più basso e ripido. Alla fine, purtroppo, non c’è una piacevole sorpresa, solo pietre e frammenti di ceramica, più moderne carte di caramelle e bottiglie di plastica che sono scese sul fondo insieme all’acqua piovana.
Dietro il Sito III, il sentiero svolta bruscamente verso ovest e prosegue in ripida salita verso l’Acropoli (37.943759, 38.655409). Lì sono state trovate fondamenta di edifici, con pavimenti decorati con mosaici datati al II secolo a.C. Sulla base dei frammenti di sculture scavate raffiguranti il re Antioco I e sua madre Laodice, Dörner ha avanzato la teoria che in questo luogo ci fosse anche un mausoleo del re Mitridate, decorato con queste statue. È sicuramente un luogo degno di un re, con una splendida vista della zona. Poiché nel caso di altre ierothesions note di Commagene – il tumulo del monte Nemrut Karakuş – i sovrani di Commagene furono sepolti vicino alle vette, la teoria di Dörner sembra essere meglio giustificata rispetto all’affermazione che Mitridate riposasse nella nicchia del Sito I.
Successivamente, ammireremo il ponte di Severiano, (noto anche come Ponte Chabinas o Ponte Settimio Severo; è un ponte tardo romano situato vicino all’antica città di Arsameia L’’imponente struttura romana attraversa il fiume Cendere e fu edificata negli ultimi anni del secondo secolo, dopo che l’imperatore Settimio Severo aveva sconfitto i Parti e aveva catturato Ctesifonte aggiugendo la Mesopotamia all’Impero Romano. Il ponte è costruito come un maestoso unico arco su due rocce nel punto più stretto del torrente. La costruzione era lunga 118 metri e su ciascuna delle due teste di ponte c’erano due pilastri con una statua, dedicata all’imperatore, a sua moglie Giulia Domna e ai loro figli Caracalla e Geta. Le colonne erette sulle estremità furono fatte costruire dai due figli dell’imperatore, ma quando Caracalla fu assassinato dal fratello, la sua statua fu rimossa e anche.il suo nome cancellato dalle iscrizioni per la damnatio memoria insieme alla colonna della sorella Geta.
Proseguiremo poi verso il Tumulo di Karakus sito tombale monumentale del Regno di Commagene, dove potremo esplorare antiche tombe e scoprire la ricca storia della regione. Pranzo in ristorante tradizionale. Il tumulo, alto circa 20 metri, è circondato da interessanti colonne. La colonna nella parte meridionale del tumulo ha una statua di aquila.mentre ad est ci sono due colonne. Su una di queste colonne si trova la statua di un toro, in parte scomparsa, mentre la statua del leone sull’altra è completamente scomparsa. L’iscrizione sulla colonna a ovest rivela che il mausoleo apparteneva alla moglie, alla figlia e alla nipote del re Antioco.
Partenza per Diyarbakır e la visita il ponte a dieci arcate di Diyarbakır, noto anche come “On Gözlü Köprü” (Ponte delle Dieci Arcate) o Ponte di Silvan è una maestosa struttura che attraversa il fiume Tigris. Costruito tra il 1065 e il 1067 durante l’epoca romana dai Marwanidi, un emirato sotto il dominio dei Selgiuchidi, il ponte è stato realizzato in resistente pietra di basalto.Questo ponte è un esempio straordinario di ingegneria antica e architettura. Nel corso del tempo, il ponte è stato oggetto di numerose riparazioni a causa dei danni provocati dalle inondazionimantenendo intatto il suo fascino storico. Il ponte misura 178 metri di lunghezza ed è largo 5,6 metri in alcuni punti, con la campata più lunga tra gli archi che misura 14,7 metri.
Successivamente effettuiamo la visita ai giardini di Hevsel Behçeleri, situato nei pressi di Diyarbakır la fortezza che visiteremo il giorno dopo Il complesso fortificato comprende anche i giardini di Hevsel, un collegamento verde tra la città e il Tigri che forniva alla città cibo e acqua, la sorgente d’acqua di Anzele. Questi giardini risalgono all’epoca romana e bizantina, e sono famosi per i loro frutteti, orti e sistemi di irrigazione tradizionali. Designati come patrimonio mondiale dell’UNESCO, gli Hevsel Gardens rappresentano un esempio straordinario di come l’agricoltura sia stata sviluppata in armonia con l’ambiente naturale circostante.
Cena in ristorante e pernottamento in hotel.
Giorno 04º: DİYARBAKIR/MARDIN
Dopo la prima colazione in hotel, partenza per esplorare la città, Diyarbakır Sur İçi che è una zona storica circondata da imponenti mura di fortificazione. Situata su una scarpata del bacino del fiume Tigri superiore che fa parte della cosiddetta Mezzaluna fertile, la città fortificata di Diyarbakır e il paesaggio circostante sono stati un centro importante sin dal periodo ellenistico, attraverso l’epoca romana, sasanide, bizantina, islamica e ottomana fino ai giorni nostri. Il sito comprende il castello interno, noto come İçkale, il tumulo di Amida, e le mura cittadine lunghe 5,8 km con le loro numerose torri, porte, contrafforti e 63 iscrizioni. Questa area è famosa per le sue stradine tortuose, i suoi antichi edifici in pietra, le moschee storiche e le chiese convertite in moschee.
Approfondimenti sito storico di Diyarbakır Sur İçi L’ imponente Fortezza di Diyarbakır e i relativi Giardini Hevsel illustrano una serie di periodi storici significativi all’interno di questa regione, dall’epoca romana fino ai giorni nostri, attraverso le sue estese mura e porte in muratura (inclusi numerosi restauri e aggiunte), iscrizioni, giardini/campi e l’ambiente paesaggistico in relazione al fiume Tigri. Sebbene le funzioni della Fortezza e dei giardini siano cambiate nel tempo, sono sopravvissute per molti secoli e circondano ancora chiaramente il nucleo più interno della città storica. È ancora possibile leggere l’importanza di queste mura e riconoscerne i materiali, la forma e il design. Una parte sostanziale dell’anello lungo 5,8 km costituito da mura bastione, porte e torri della città vecchia rimane e soddisfa i requisiti di autenticità. Il materiale per le mura proviene dall’antica città romana di Amida e furono costruite nella loro forma attuale a metà del IV secolo dall’imperatore Costanzo II. Sono le mura difensive complete più larghe e lunghe al mondo dopo la Grande Muraglia Cinese
La fortezza di Diyarbakir fu costruita per la prima volta nel 297 dai romani. Nel 349 le mura furono notevolmente ampliate per ordine dell’imperatore Costanzo II. Nel corso dei successivi oltre 1500 anni, queste mura furono ampliate e fortificate utilizzando roccia vulcanica proveniente dalla regione circostante. Sulle mura ci sono quattro porte principali e 82 torri di avvistamento. Le torri di Diyarbakir furono costruite principalmente dai romani e successivamente ricostruite dagli ottomani quando presero il controllo della città nel XV e XVI secolo. A seguito della sconfitta dei Safavidi a Diyarbakir, gli Ottomani distrussero le mura con l’uso dei cannoni e quindi dovettero poi essere ricostruite. Oggi le mura sono in gran parte intatte e formano un anello attorno alla città vecchia che ha una circonferenza di oltre 4,8 chilometri. Le pareti sono alte più di 10 metri e hanno uno spessore di circa 3-5 metri alla base. Nel 1930 una parte del muro fu demolita. Si ritiene che la città abbia un “carattere multiculturale e multilingue” grazie alle iscrizioni su di essa riportate La fortezza di Diyarbakir è costruita con pietra, basaltica nera e adobe e ha subito innumerevoli ristrutturazioni; le fortificazioni di basalto sono eccezionalmente durevoli, motivo per cui la struttura è rimasta relativamente intatta per oltre 2000 anni. Oggi, la fortezza di Diyarbakir può essere divisa in due zone, il cortile e la cittadella. A nord-est, la cittadella contiene il primo insediamento all’interno di Diyarbakir e quelle mura si estendono per 598 metri. Il cortile ospita una torre e le mura della città, che circondano la zona più urbana della città murata di Diyarbakir. La maggior parte di queste pareti sono costruite con muratura e stili costruttivi tradizionali; le torri sono composte da 2-4 piani e hanno uno spessore di 4,4 metri alla base e si assottigliano ai piani superiori Le planimetrie del castello rivelano il predominio di due diverse forme edilizie, circolare e tetragonale. Le mura erano divise in cinque gruppi, quattro dei quali contenevano le torri attorno alle quattro porte principali, mentre il quinto conteneva le torri della cittadella. È stato riscontrato che 65 delle 82 torri originali rimangono ancora all’esterno delle mura della città e solo 18 di esse rimangono oggi. Le porte principali della fortezza sono: porta Dağ (Montagna), porta Urfa, porta Mardin e porta Yeni.
Negli anni 2010, la guerra tra l’esercito turco e la guerriglia curda ha provocato danni alla fortezza e ai monumenti circostanti, interrompendo i piani del governo per preservare la fortezza storica nella speranza di attirare turisti nell’area culturale di Diyarbakir.[ Circa un terzo del centro storico è stato distrutto dal governo turco al termine degli scontri, danneggiando irreversibilmente la città antica
Pranzo in ristorante tradizionale. Dopo pranzo la visita del Museo di Archeologia di Diyarbakır che ospita una vasta collezione di reperti risalenti a diverse epoche storiche della regione. Tra i pezzi più significativi ci sono manufatti dell’età del bronzo, oggetti romani e bizantini, e reperti di arte islamica. Il museo offre un’opportunità unica per comprendere la ricca storia di Diyarbakır e delle culture che hanno influenzato la regione nel corso dei secoli.
Proseguimento per la visita Il castello di Zerzevan, situato vicino a Diyarbakır in Turchia, è un’antica fortezza risalente all’epoca romana. Zerzevan, anche conosciuto come Castello di Samachi, è un sito archeologico scoperto con gli scavi del 2014 Ha funzionato come importante installazione militare e ha giocato un ruolo cruciale nella difesa e nel controllo della regione durante i periodi romano e bizantino. Il sito è situato sulla cima di una collina che domina l’area circostante ed era posizionato strategicamente al confine più orientale dell’Impero Romano, dove una grande guarnigione romana controllava l’importante via commerciale Il complesso del castello include caserme, templi, cisterne e altre strutture tipiche dell’architettura militare romana. Una delle strutture più significative di Zerzevan è il Mitreo, che è stato scavato nella parte nord delle mura. Il castello comprende cisterne di piccole e grandi dimensioni per lo stoccaggio dell’acqua, canali progettati per trasportare acqua da sorgenti vicine durante periodi di siccità e vari tipi di tombe risalenti al III-VII secolo d.C
Approfondimenti I resti a Zerzevan offrono uno sguardo sul passato del sito come città di guarnigione romana,. L’importanza storica di Zerzevan tuttavia, precede il periodo romano, con prove archeologiche che indicano che il sito si trovava sulla Via Reale dei Persiani già nel IX secolo a.C. Zerzevan ha una significativa importanza storica anche per le civiltà partica e sasanide e la sua storia risale al periodo assiro intorno al IX secolo a.C., quando si trovava sulla Via Reale dei Persiani. Le prove archeologiche mostrano che i soldati romani si stabilirono in questa area nel III secolo d.C. e vi erano anche insediamenti civili sulla cima della collina, con una popolazione complessiva di circa 1200 persone. Il sito fu abitato fino al VI secolo durante il dominio bizantino, ma fu distrutto quando gli Arabi saccheggiarono l’area nel 639 d.C. e non fu mai ricostruito. Ciò ha contribuito a preservare gli edifici, che sono stati sepolti per secoli. Esplorando le pendici più alte della collina, i visitatori noteranno che alcune parti delle mura raggiungevano i 12 metri di altezza e avevano una lunghezza di 1,2 chilometri. I percorsi possono essere stretti e, sebbene alcune porzioni delle torri siano ancora intatte, si consiglia cautela a causa della possibilità di cadere da un’altezza significativa. L’ingresso al Mitreo presenta iscrizioni e simboli, e la parete orientale contiene colonne con nicchie. Una delle grandi nicchie mostra una scultura della scena del sacrificio del toro, con resti di vernice sulla cintura che si innalza sopra le due colonne che la circondano. La parete orientale contiene anche il motivo della trave coronale di Mitra. In una delle nicchie più piccole, i visitatori possono vedere una ciotola di sangue di toro e una piscina collegata da un canale attraverso la parete, suggerendo che l’acqua fosse utilizzata nelle cerimonie religiose di Mitra. Il soffitto presenta quattro punti simmetrici per sospendere gli animali durante i rituali, probabilmente utilizzati durante i sacrifici del toro.Nel 2020, Zerzevan è stato inserito nella lista provvisoria dei siti del patrimonio mondiale dell’UNESCO ed è diventato una meta popolare per i visitatori affascinati dalla misteriosa religione di Mitra. Inoltre, il sito contiene le rovine di una chiesa cristiana del VI secolo e una chiesa sotterranea risalente al 300 d.C., nonché altari di pietra.
Avremo l’opportunità di visitare anche la Ulu Cami, una delle principali moschee della città di Diyarbakır. La Grande Moschea di Diyarbakır (in turco Diyarbakır Ulu Camii) è la moschea del venerdì della città sudorientale anatolica e un importante edificio sacro dell’architettura selgiuchide. È una delle moschee più antiche della Mesopotamia.
Approfondimenti la moschea ULU CAMI la città di Diyarbakır era già stata conquistata dagli arabi nel 639 durante l’espansione islamica, che trasformarono la chiesa cristiana di San Tommaso in moschea. Già nel 770 si ha testimonianza di un uso congiunto dell’edificio da parte di cristiani e musulmani. Nel 1091, il sultano Malik Shah incaricò il governatore locale di costruire una nuova moschea in questo sito. Nel suo stato attuale, la moschea fu costruita nel 1091 dal sultano selgiuchide Malik Shah. Il progetto dell’edificio presenta analogie con la moschea omayyade di Damasco. Nel 1092 la costruzione fu completata. Qualche anno prima, Malik Shah aveva ordinato anche la ricostruzione della cupola della moschea omayyade di Damasco. Gli influssi dell’architettura siriana raggiunsero probabilmente in questo modo l’Anatolia sud-orientale. La facciata occidentale, dopo essere stata distrutta da un terremoto e da un incendio nel 1115, fu ricostruita tra il 1117 e il 1125. Il complesso della moschea, costruito in pietra basaltica nera locale, è disposto intorno a un cortile di 63 x 30 metri. Sui lati est, sud e ovest si trovano file di colonnati a due piani, mentre i colonnati sul lato nord sono alti solo un piano. Fanno parte del complesso di edifici due medrase, Al centro del cortile si trova un Şadırvan di epoca ottomana (1849). Le iscrizioni dell’edificio in calligrafia araba documentano i cambiamenti della storia dell’edificio. Uno dei primi esempi di arco interrotto si trova nell’arcata ovest del cortile. Nel portale d’ingresso della sala di preghiera si trovano rilievi che raffigurano due leoni che attaccano due tori. La sala di preghiera a tre navate si estende per tutta la larghezza della facciata sud e del cortile; è larga circa il doppio della sua profondità. Il tetto della sala principale è costituito da travi di legno sostenute da file di pilastri rettangolari in pietra. La sala di preghiera in sé sembra una versione più semplice della sala della moschea omayyade, con gli stessi tetti a capanna e una navata longitudinale (transetto), ma senza cupola. La sala è separata dal cortile da un alto muro con sedici portali riccamente decorati.
In seguito ci fermeremo ad un antico caravanserraglio l’Hasan Pasa Hani risalente al 1575, situato nel cuore del centro storico. il caravanserraglio del XVI secolo, interamente restaurato nel 2006, ospita negozi di tappeti e di souvenir. Vi si trovano anche alcuni eccellenti locali per una tranquillo relax
Inoltre, potremo esplorare il museo archeologico che conserva testimonianze preziose della storia e della cultura della regione.
Cena in ristorante e pernottamento in hotel.
Giorno 05º: MARDIN/DARA/NUSAYBIN/MIDYAT/VILLAGGIO HAH/MARDIN
Prima colazione in hotel. Partenza per la visita di Nusaybin che si trova nella provincia di Mardin e ha una storia che risale a quasi 3000 anni fa,prima fu un insediamento arameo nel 901 a.C., passò poi all’Assiria nel 896 a.C. e nel IV e V secolo d.C. fu uno dei grandi centri della lingua siriaca della Mesopotamia. I successori di Alessandro il Grande la rifondarono col nome di Antiochia infine la città fu popolata da coloni di discendenza spartana finchè divenne islamica
N B Nusaybin è balzata agli onori della cronaca nel 2006 quando gli abitanti di un villaggio vicino a Kuru hanno scoperto una fossa comune, sospettata di appartenere ad armeni e assiri ottomani uccisi durante i genocidi armeno e assiro del 14 giugno 1915, lasciando 150 armeni e 120 assiri morti. Il presidente della Società Storica Turcav seguendo la politica del governo turco di negazione del genocidio armeno, ha affermato che i resti risalivano all’epoca romana
Qui visitiamo la città di Dara un’antica città fortificata che fu un importante centro militare e amministrativo dell’Impero Bizantino. È famosa per le sue imponenti mura, le cisterne e le rovine di edifici civili e religiosi, che testimoniano la sua ricca città di Dara, una città-guarnigione, tanto grande e bella che veniva definita «l’Efeso della Mesopotamia». Il sito, che si trova a 30 km dalla città di Mardin e a solo 9 km dalla rinomata Via Della Seta, molto probabilmente prende il nome dal famoso e sfortunato re persiano Dario III, che perse tutte le guerre condotte contro uno dei generali più famosi della storia: Alessandro Magno.
Secondo gli storici Michele Siriaco e Giovanni Malala, questo sito è proprio il luogo dove venne assassinato il re Dario. Siccome questa zona fu, più o meno da sempre, il confine tra l’impero romano e quello sasanide, (l’ultima grande dinastia persiana che crollerà con la conquista araba musulmana nel VII sec. d.C. ) veniva attaccata, conquistata e riconquistata ora dai sasanidi ora dai romani.
APPROFONDIMENTI DARA Quando nel 503 d.C. i sasanidi conquistarono Amida – oggi Diyarbakır – l’imperatore Anastasio capì che era necessario costruire una guarnigione sul confine per poter reagire in tempo contro il nemico. Dopo essersi consultato a lungo, decise di costruire la sua fortezza presso un piccolo villaggio fondato probabilmente dal re parto Arsace, già nel III secolo a.C., in una posizione strategica e con abbondante acqua. Fece portare 4 mila operai armeni dalla Siria (eccellenti lavoratori della pietra), che iniziarono a lavorare nel 505 per costruire le mura lunghe 4 km e larghe 8 metri. Dopo la fine dei lavori, sorvegliati dal vescovo di Amida, Tommaso, la città venne onorata con il nome dell’imperatore e diventò Anastasiopoli, poi Iustiniana Nova dopo Giustiniano; infine, si ritornerà al nome che si usa tuttora: Dara. La città cambierà padroni un paio di volte tra romani e sasanidi, fino all’arrivo degli arabi nel 639, che conquistarono tutta la regione compresa Dara, la quale, perduta l’importanza strategica, pian piano cadrà nell’oblio. La visita al sito archeologico inizia dalla necropoli, La pietra di cui avevano bisogno per la costruzione è ricavata direttamente da questa zona ed è di roccia calcarea; così, la cava di pietra, finiti i lavori, è stata trasformata in necropoli. Al piano inferiore gli archeologi hanno trovato le ossa di migliaia di defunti e, secondo alcuni studiosi, si tratta delle ossa dei soldati romani caduti in guerra. A queste poi sono state aggiunte altre tombe di epoche successive. Proprio sopra l’ingresso del cimitero, infatti, esiste un bassorilievo un po’ consumato ma ancora in buono stato: a sinistra si vede una persona rivolta verso le ossa e i crani ben visibili, nell’angolo in basso a sinistra. Alcuni ricercatori hanno identificato questa scena con quella della profezia delle ossa aride di Ezechiele (cf. Ez 37, 1-14), mettendola in relazione con la speranza della resurrezione di questa gente sicuramente cristiana, massacrata dai persiani zoroastriani. Si ipotizza infatti che la scena di questo bassorilievo sia stata realizzata in memoria dei loro martiri, quando i cristiani tornarono lì nel 591, dopo il massacro sasanide subito nel 573. La scena che si trova invece a destra della finestra, sempre secondo i ricercatori, potrebbe rappresentare Mosè e il roveto ardente. Un altro aspetto interessante del sito sono le cisterne ancora più grandi di quella di Istanbul! vicina a Santa Sofia. Sopra queste cisterne ci sono case ancora abitate. Sicuramente furono scavate per sopperire alla necessità di dover conservare depositi d’acqua durante l’assedio del nemico: calcolando il volume delle quattro cisterne finora trovate, si deduce che 40-50 mila soldati stazionati in città potevano tranquillamente avere acqua necessaria per un anno, anche se il nemico avesse buttato del veleno nel fiume Cordes, che passa dal centro della città. Alcuni studiosi affermano addirittura che alcune cisterne avevano delle paratie che venivano aperte durante l’attacco per allagare il territorio e far annegare i soldati nemici. Si racconta che i sasanidi avevano inventato strategie molto interessanti per poter conquistare le città che assediavano. Si dice che durante un assedio di Dara, dopo tanti attacchi falliti, un visir del re gli consigliò di lanciare giare di olio d’oliva con le catapulte appiccando il fuoco alle mura e continuando ad alimentarlo con l’olio. A causa di questo incendio prolungato, la pietra calcarea delle mura si trasformò in gesso. Allora si cominciarono a buttare altre giare, stavolta piene di aceto, che, producendo una reazione fecero sciogliere il gesso frantumando le mura. E così la città venne conquistata: si può forse dire che fu una delle prime guerre chimiche della storia! Un altro racconto curioso è relativo all’assedio della vicina e importante città di Nisibi, oggi Nusaybin. Dopo tanti attacchi senza successo, il re ordinò di procurare tutti i serpenti e gli scorpioni che si trovassero in Persia! Cominciarono poi a buttarli in città, dentro a migliaia di giare; la gente disperata dovette aprire le porte della città arrendendosi così al nemico. Non sarebbe un esempio di guerra biologica? Uno studio scientifico fatto a Nisibi da medici di Mardin confermò che il 60-70% dei serpenti e un po’ meno degli scorpioni lì viventi non appartengono a specie locali, ma sono stati portati da fuori. Dara, scavata finora solo al 10-15%, sta diventando una tappa quasi obbligatoria.
Dopo pranzo la visita Villaggio Hah situato a 22 km dalla città di Midyat che ospita due dei più antichi centri religiosi della regione di Tur Abdin: la Cattedrale di Mor Sobo o Monastero di Mor Gabriel uno dei monasteri più antichi del mondo e la Chiesa di Santa Maria, che appartiene alla comunità assira cattolica. Nella chiesa la sede del patriarca e il posto del predicatore della Bibbia sono decorati con motivi a grappolo d’uva. Di notevole pregio.
Midyat è situata nel cuore di Tur Abdin, conosciuta anche come la “Montagna dei Servitori di Dio” in siriaco. Questa regione è un altopiano di calcare situato nel sud-est della Turchia, delimitato a nord e a est dal fiume Tigri. Il paesaggio rurale di Tur ‘Abdin è dominato da villaggi siriaci ortodossi, che comprendono circa 80 villaggi con circa 100 chiese e 70 monasteri. L’architettura di queste strutture risale all’era bizantina, quando la regione era sotto il dominio cristiano, nonostante sia stata governata da stati musulmani a partire dal VII secolo d.C. Nel corso della sua storia, Midyat è stata plasmata da varie influenze culturali, come testimoniato dalla lingua aramaica parlata in alcune parti della città e dallo stile architettonico unico delle città siriane ortodosse. Tur Abdin è un notevole esempio delle tradizioni culturali della comunità siriaca ortodossa, passate e presenti, con importanti esempi di architettura monastica cristiana antica risalenti al VI-VIII secolo. Questo sito storico è circondato da vigneti terrazzati, ulivi e dalla splendida bellezza del paesaggio del sud-est. Le chiese e i monasteri più significativi in questo paesaggio unico Le Chiese e i Monasteri di Midyat e della sua area circostante sono stati aggiunti alla Lista Indicativa dell’UNESCO nel 2021. Ù
Approfondimenti Monastero di Mor Gabriel si tratta di uno dei monasteri più antichi del mondo ancora in e si trova nascosto nella campagna mediorientale nella provincia turca di Mardin. Il monastero fu fondato nel IV secolo, prima del 397 d.C., da due santi, noti come Simeone e Samuele. Il monastero non prese il nome di Mor Gabriel fino all’VIII secolo, quando (come racconta la storia) una pestilenza fu fermata riesumando la mano destra di un vescovo defunto e santificato che aveva vissuto e svolto il suo ministero nella regione qualche decennio prima. Il miracolo fu un tale sollievo per la popolazione locale che chiamarono il loro più splendido edificio religioso in suoonore. Nelle chiese più vicine al monastero e sopra i cancelli d’ingresso dello stesso Mor Gabriel, vi sono dei leoni posizionati a destra e a sinistra di una calligrafia prominente. La storia racconta che durante il periodo ottomano, i cristiani locali affrontarono un’ondata di persecuzione da parte della popolazione musulmana curda locale. Quando i monaci dovettero lasciare la loro casa in fretta per evitare la violenza che li stava travolgendo, non furono in grado di portare con sé nessuno dei loro tesori religiosi. Le imponenti mura di pietra e la ricchezza agricola autosufficiente del monastero lo resero un luogo attraente per una caserma per la suddetta milizia. Tuttavia, quando i curdi tentarono di entrare dal cancello principale, due leoni feroci bloccarono loro la strada. Per quanto ci provassero, non riuscirono a sterminare le creature. Alla fine, la milizia non fu in grado di entrare nel complesso e se ne andò. Quando i frati tornarono, erano naturalmente preoccupati per i leoni. Ma invece di attaccarli, si dice che si siano inchinati ai piedi dell’abate e poi siano scappati nella natura selvaggia. I cristiani siriaci locali ritengono che i leoni siano una coppia di angeli protettori. La cappella più antica del sito ospita mosaici realizzati da alcuni degli stessi artisti bizantini che lavorarono alla Basilica di Santa Sofia a Istanbul. Gli appassionati di architettura potranno anche apprezzare due particolarità, la Cupola di Teodora e il Battistero ottagonale, che hanno attraversato i secoli come esempi sorprendenti dell’abilità degli antichi con un filo a piombo e un po’ di malta. Come altri monasteri siriaci, vi è anche una cripta che è l’ultimo luogo di riposo terreno di decine di uomini santi e santi locali.
Successivamente, ci recheremo a Midyat, famosa per le sue eleganti case storiche. Qui potremo passeggiare tra le stradine della città vecchia e ammirare l’architettura unica delle sue abitazioni, ricche di dettagli e decorazioni tradizionali. Midyat è una città piena di tesori nascosti. Uno dei punti salienti di Midyat è senza dubbio la sua splendida architettura. La città è famosa per le sue case in pietra di Midyat, che risalgono al periodo ottomano. Queste case, con i loro intricati disegni e dettagli, sono un vero trionfo dell’architettura tradizionale. Un altro punto saliente di Midyat è il suo centro storico che con le sue strade lastricate e i suoi edifici lo rendono un luogo dove è possibile immergersi nella storia e nella cultura della città.
Infine, raggiungeremo Mardin nota per la sua posizione strategica su una collina rocciosa vicino al fiume Tigri, con un’accattivante miscela di attrazioni antiche e moderne. Qui trascorreremo la notte.
Cena in ristorante locale e pernottamento in hotel.
Giorno 06º : MARDIN/ KARAHANTEPE/URFA (EDESSA)
Prima colazione in hotel. In mattinata visita alla città di Mardin con il suo fascino senza tempo incastonata nelle rocce e con la sua atmosfera unica, pronta a offrirci una vista memorabile tra le sue strade tortuose e i suoi panorami mozzafiato. La città è prevalentemente curda e araba, con comunità significative di cristiani siriaci e un numero minore di turchi. La città vecchia di Mardin è sotto la protezione dell’UNESCO, che aiuta a preservare la sua facciata unica e l’integrità architettonica. Visti dall’alto, gli scintillanti edifici di Mardin color oro bianco formano una fila di terrazze costruite su una collina che si affaccia sulle pianure fino all’attuale Siria. Diversi popoli la abitarono : gli arabi nabatei la chiamarono casa dal 150 a.C. al 250 d.C., ma nel IV secolo era un importante insediamento cristiano siriaco, fondato dagli assiri. Poi arrivarono i romani e i bizantini. Nell’XI secolo, i turchi selgiuchidi tentarono di appropriarsene, ma furono ostacolati dall’arrivo dei turcomanni artuqidi nel XII secolo che riuscirono a mantenere il controllo per trecento anni, finché i Mongoli non presero le redini. A loro volta, furono sostituiti da una monarchia persiana turcomanna. Sorprendentemente, quando il sultano ottomano Selim il Tetro prese il potere nel 1517, nella città viveva ancora una popolazione cristiana. Oggi Mardin ha un’atmosfera e un sapore unici grazie a questo background etnico e religioso eterogeneo. Nonostante le sue antiche origini, Mardin è una città vivace e dinamica, dove il passato rivive nel presente. La Kırklar Kilisesi, nota anche come Mor Behnam, è una delle sette chiese siro-ortodosse. Originariamente costruita nel 569 d.C., la Chiesa dei Quaranta Martiri, come è conosciuta in inglese, prese il suo nome quando le reliquie di 40 martiri furono portate qui nel 1170. Dal punto di vista architettonico, la chiesa è la semplicità stessa. All’esterno, un elegante campanile a cupola sormontato da una croce si trova in un cortile rettangolare delimitato da muri in pietra dorata. All’interno, si svolgono servizi regolari, parte di una tradizione ininterrotta portata avanti dai cristiani aramaici per oltre 700 anni.
Dopo la visita partenza per Karahantepe con le sue ultime scoperte che hanno fornito reperti appartenuti all’età del rame e all’età del bronzo. Gli scavi hanno rivelato insediamenti urbani e rurali, strutture abitative, tombe, e una ricca varietà di manufatti, inclusi utensili di pietra, ceramiche, e oggetti di uso quotidiano. Il sito di Karahantepe non è solo un tesoro di scoperte archeologiche, ma anche un punto di riferimento per comprendere l’evoluzione delle prime civiltà nella regione. La sua posizione strategica e le sue connessioni culturali hanno giocato un ruolo cruciale nello sviluppo delle antiche vie commerciali e culturali della Mesopotamia.
Approfontimenti La scoperta di Karahan Tepe: il sito gemello di Göbekli Tepe che visiteremo il giorno dopo Il mondo dell’archeologia era stato scosso dalla scoperta di Göbekli Tepe, un sito megalitico risalente a 10.000 anni fa, considerato il più antico del suo genere. Tuttavia, meno noto è l’esistenza di un altro sito simile, situato nella Turchia meridionale, chiamato Karahan Tepe. Sebbene ancora avvolto nel mistero riguardo alla sua funzione originale, Karahan Tepe si sta rivelando un sito di grande importanza archeologica. La prima volta che Karahan Tepe è stato scoperto risale al 1997. Nonostante non sia stato ancora esplorato completamente,le ricerche hanno mostrato che questo antico complesso presenta incredibili somiglianze con Göbekli Tepe. Il termine “tepe” in turco significa collina o cima e descrive come entrambi questi siti si trovino nelle vicinanze delle montagne rocciose di Tektek in Turchia. Tuttavia, le colline intorno a Karahan Tepe sono leggermente meno impervie, con il sito situato a circa 700 metri sul livello del mare. Le rovine di Karahan Tepe si estendono su un’area di 325.000 metri quadrati, circa tre volte più piccola dell’area di scavo di Göbekli Tepe. Tuttavia, presenta caratteristiche simili come pilastri, strutture speciali, obelischi e sculture animali ornamentali. Uno studio ha documentato 274 reperti architettonici nel sito, di cui almeno 266 sono pilastri ancora in piedi. Alcuni di questi pilastri sono addirittura decorati con rilievi straordinari raffiguranti serpenti e volti umani. Non è ancora chiaro l’età precisa di Karahan Tepe, ma è probabile che risalga allo stesso periodo di Göbekli Tepe. Sembra anche che sia stato abitato solo per un breve periodo durante il Neolitico Pre-Ceramico. Una delle principali meraviglie di Göbekli Tepe è che è stato costruito durante l’età neolitica, tra il 9600 e l’8200 a.C. Si pensava che strutture complesse come questa potessero essere realizzate solo dopo che una società aveva padroneggiato l’agricoltura, emersa 10.000-12.000 anni fa con la domesticazione di piante e animali. Tuttavia, l’età di Göbekli Tepe sfida questa assunzione fondamentale. Suggerisce che sia stato costruito all’alba della prima rivoluzione agricola dell’umanità, quando si riteneva che gli insediamenti fossero piccoli e umili raggruppamenti di persone che stavano appena iniziando a utilizzare l’agricoltura. In alternativa, le civiltà stanziali potrebbero essere esistite per più tempo di quanto si pensasse, sebbene questa idea sia controversa e piena di credenze pseudo-archeologiche. Göbekli Tepe, essendo il sito megalitico conosciuto più antico del mondo, èspesso considerato un’anomalia che, per qualche motivo, appare migliaia di anni prima di qualsiasi altra cosa simile emersa sulla Terra. Tuttavia, Karahan Tepe dimostra che non si tratta di un caso isolato e che potrebbero esserci altre scoperte rivoluzionarie là fuori. Karahan Tepe non solo rafforza l’importanza di Göbekli Tepe,ma apre anche nuove prospettive sulla comprensione delle prime civiltà umane e sulla loro capacità di costruire strutture complesse molto prima di quanto si pensasse in precedenza.
Pranzo in ristorante tradizionale.
Partenza per Urfa e Cena in ristorante locale, cena e pernottamento in hotel.
Giorno 07º: URFA/GOBEKLITEPE/HARRAN/URFA
Dopo la colazione partenza per la visita di Göbekli Tepe è un antico santuario che sorge nel punto più alto di una vasta catena montuosa situata a circa 15 km. Il sito, attualmente oggetto di scavi da parte di archeologi turchi e tedeschi, fu scavato da cacciatori-raccoglitori nel X millennio A.C. (circa 11.500 anni fa), prima che iniziasse la sedentarizzazione. Misteriosamente, questo intero complesso di pietre, pilastri e sculture fu deliberatamente sepolto intorno all’8000 AC, rimanendo abbandonato per 500 anni.
Approfondimenti Göbekli Tepe La scoperta di Göbekli Tepe, un monumentale sito archeologico che si trova nella Turchia sud-orientale, è stato uno dei casi in cui l’archeologia ha dovuto rivedere le sue conoscenze. Secondo Klaus Schmidt, il suo scopritore nel 1995, il complesso megalitico (di cui è stata portata alla luce solo una minima parte) potrebbe essere il più antico tempio del mondo. Vediamo i tanti interrogativi che ancora circondano questo scavo che ha restituito i resti di un incredibile complesso megalitico datato intorno al 9500 a.C. Questa datazione corrisponde al periodo archeologico noto come Mesolitico (10.000-8500 a.C.) ed è subito precedente al cosiddetto Neolitico Preceramico (8500-6000 a.C.). Questo periodo ha rappresentato un momento cruciale per lo sviluppo della civiltà umana, in cui diverse comunità hanno modificato il loro stile di vita plurimillenario basato sulla caccia e la raccolta per diventare comunità stanziali dedite all’agricoltura e all’allevamento. L’unicità di GöbekliTepe non è solo nella sua antichità, ma anche nella sua monumentalità. Il complesso megalitico si compone di diversi recinti circolari delimitati da mura costruite “a secco” (senza cioè l’ausilio di alcun legante, come la malta), con un diametro compreso tra i 10 e i 20 m, intervallate da pilastri monumentali a forma di T alti da 1,5 m a 7 m e pesanti oltre 15 tonnellate. La struttura fu costruita utilizzando blocchi di pietra calcarea, estratti da una cava situata a poche centinaia di metri ai piedi della collina, trasportati fino al sito dove furono decorati e messi in opera. Un’altra caratteristica unica di Göbekli Tepe è proprio nelle incisioni presenti sui pilastri, decorati a rilievo con rappresentazioni schematiche di animali selvatici (uccelli, serpenti, scorpioni, cinghiali) e di figure umane stilizzate, queste ultime raffigurate su coppie di pilastri generalmente poste al centro dei recinti. Gli archeologi non sono ancora certi di come i monumentali blocchi siano stati cavati e soprattutto trasportati fino alla cima della collina, considerata l’assenza della ruota e di animali da soma domesticati a quel tempo. L’ipotesi più accreditata al momento è che la costruzione del complesso megalitico di Göbekli Tepe sia dunque avvenuta senza l’ausilio di particolari strumenti, sfruttando la forza di gruppi di centinaia di persone nell’arco di un lungo periodo di tempo (si stima un periodo compreso tra 3 e 5 secoli) Ma chi erano gli uomini che hanno costruito Göbekli-Tepe? Sulla base delle evidenze portate alla luce durante lo scavo e in ricognizioni effettuate in siti vicini, gli archeologi ritengono che le strutture siano state costruite da gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori che periodicamente si ritrovavano sulla collina per portare avanti il lavoro di costruzione. La presenza tra le strutture di Göbekli Tepe di ossa di animali appartenenti esclusivamente a specie selvatiche (gazzelle e cinghiali) è la prova che la domesticazione degli animali non fosse ancora una pratica in uso tra questi gruppi umani. Allo stesso tempo, però, il rinvenimento a Göbekli Tepe di falcetti in selce e piccole macine di pietra, associato alla scoperta effettuata nel contemporaneo e poco distante sito di Karaca Dağ (a soli 30 km da Göbekli Tepe) dei più antichi esemplari di frumento domesticato, suggerirebbe che nello stesso periodo in cui venivano costruite le strutture di Göbekli Tepe, alcuni gruppi umani iniziavano a sperimentare le prime forme di agricoltura. Ad oggi solo una piccola porzione (500 m2) del sito di Göbekli Tepe è stata portata alla luce e sulla base di prospezioni di superficie si calcola un’estensione complessiva del sito di ben 9 ettari con diversi altri complessi megalitici ancora da scoprire. Qual era la funzione di queste strutture? Le ipotesi avanzate sono molteplici, da centro religioso, a osservatorio astronomico, a luogo di sepoltura. Secondo l’archeologo scopritore del sito si tratterebbe di un luogo destinato allo svolgimento di pratiche rituali, teoria che renderebbe Göbekli Tepe il tempio più antico del mondo finora noto. Quando questa funzione venne meno, il sito fu completamente ricoperto di terra; si calcola che il riempimento intenzionale delle strutture abbia comportato uno sforzo non meno poderoso di quello richiesto dalla loro costruzione e che tale sforzo possa essere stato giustificato dalla riconosciuta sacralità del luogo, che veniva così preservata. La scoperta di Göbekli Tepe ha modificato molte delle teorie finora avanzate sul processo della cosiddetta “Rivoluzione Neolitica”. Lo sforzo richiesto per la costruzione di un complesso così monumentale deve aver necessitato di un’organizzazione comunitaria su larga scala, coinvolgendo diverse centinaia di persone appartenenti a gruppi tribali distinti. Generalmente si ritiene che attività per la costruzione di strutture comunitarie di uso pubblico sia stata una prerogativa e diretta conseguenza dello sviluppo delle prime comunità agricole, le uniche in grado di sostenere un impegno collettivo di tale portata. L’archeologia, tuttavia, non è una scienza esatta e ogni scoperta porta con sé nuove informazioni che possono stravolgere o modificare interpretazioni precedenti. Le conquiste della “Rivoluzione Neolitica” sono state il risultato della combinazione di processi graduali, il cui innesco è difficile da collocare nel tempo.Göbekli Tepe è una rara istantanea di un momento di transizione durante il quale alcuni gruppi umani avrebbero iniziato a sperimentare un senso di appartenenza a un territorio, sospinti da ragioni probabilmente di tipo religioso e culturale. Questo stesso senso comunitario li avrebbe spinti a costruire la prima struttura monumentale della storia (almeno per ora) e a sperimentare – circa un millennio prima di quanto ritenuto finora – le innovazioni che gradualmente portarono ad un fondamentale e definitivo cambiamento della storia della civiltà umana.
E poi proseguimento per Harran la città biblica dove si possono visitare le caratteristiche case dai tetti a cupola conica e la fortezza, restaurata nell’XI secolo. dai crociati, che include il tempio di Sin e le rovine della moschea di Ulu Camii. Secondo una tradizione Adamo e Eva hanno traversato la regione espulsi dal Paradiso e qui ha vissuto Abramo prima di andare al Paese di Canaan. Alessandro Magno l’ha conquista e più tardi le legione romane furono sconfitte dai Parti nel 53 A.C. Alcuni secoli dopo qui veniva assassinato l’imperatore Caracalla nel 217. Nonostante sia situata in una pianura arida e sterile, Harran è riuscita a sopravvivere per oltre 5000 anni grazie alla sua posizione strategica come importante centro commerciale che collega l’Anatolia alla Mesopotamia. Era considerata dai residenti un centro di idolatria ed era abitata dai Sabiani, che avevano una vasta conoscenza dell’astrologia; essi adoravano la luna, il sole e i pianeti. Harran è stata anche sede di una delle prime università conosciute al mondo I Harran è famosa per le sue case in adobe, che presentano strutture a cupola simili mattoni di fango utilizzati per costruire queste case sono fatti con il fango e l’argilla di Harran e conferiscono stabilità alla forma di una casa a base quadrata. Le case con tetti conici offrono spazio interno che può mantenere freschi gli abitanti durante i mesi estivi, ma sono comunque abbastanza calde per le esigenze invernali. Queste case presentano alcune somiglianze nella forma con le arnie e per questo motivo sono chiamate “case a forma di alveare”. Le poche case sono costruite di fango e mattoni senza l’uso di legno. Questa tecnica è rimasta inalterata da 3.000 anni
Approfondimenti Harran Anticamente fu il principale centro della Mesopotamia settentrionale. Durante il periodo assiro fu nota come Ḫarrānu, poi Carrhae nel periodo romano .Durante i primi secoli del cristianesimo fu nota come Hellenopolis per poi riprendere l’antico nome d’origine assira, venendo chiamata Ḥarrān nel periodo islamico
Storia L’insediamento che sarebbe diventato Harran iniziò come un tipico villaggio fondato intorno al 6200 a.C. come parte della diffusione dei villaggi agricoli in tutta l’Asia occidentale. Dalla sua posizione alla confluenza dei fiumi Jullab e Balikh crebbe gradualmente di dimensioni fino a un periodo di rapida urbanizzazione nel successivo periodo di Uruk. Durante la prima età del bronzo (3000-2500 a.C.) Harran crebbe fino a diventare una città fortificata. La città-stato di Harran faceva parte di una rete di città-stato, chiamata civiltà Kish, centrata nel Levante siriano e nell’alta Mesopotamia. L’ascesa di Harran ha rispecchiato da vicino la crescita simile dei suoi partner commerciali, in un processo chiamato urbanizzazione secondaria. La sua vita come città-stato sovrana terminò quando fu annessa all’Impero accadico e il suo successore all’impero neo-sumero. Dopo la caduta di Urfu di nuovo indipendente per un certo periodo fino a quando fu abbandonata dall’espansione degli amorrei nel 1800 a.C. Successivamente fu ricostruita come una città assira di Harrānu, che significa “crocevia” in lingua accadica.
Le varie epoche che l’hanno distinta
- Età del bronzo Le prime notizie di Harran provengono dalle tavolette di Ebla(fine del III millennio a.C.). Una confederazione di tribù semi-nomadi era particolarmente attiva nella regione vicino ad Harran e loro costruirono un tempio del dio della luna Sin (o Nanna) che fu fondato alla fine dell’Impero neo-sumero (circa 2000 a.C.). Questo tempio era chiamato la Casa della gioia. Le rovine di questo tempio si trovano attualmente sotto il palazzo del califfo Merwan II (744-750 d.C.). Sebbene la data esatta di fondazione sia incerta, potrebbe essere iniziata come una costola del tempio lunare principale di Nanna a Ur, successivamente avrebbe dato rifugio ai sacerdoti fuggiti da Ur.
- Età assira Nel XX secolo a.C., Harran fu un avamposto mercantile dell’Impero assiro grazie alla sua posizione ideale. La comunità, già ben consolidata, era situata lungo una rotta commerciale tra il Mediterraneo e le pianure del medio Tigri..Non solo Harran aveva un facile accesso sia alle strade assira che a quelle babilonesi, ma anche alla strada nord verso l’Eufrate che forniva un facile accesso all’Asia Minore. All’inizio Harran era una delle principali città assire che controllava il punto in cui la strada da Damascosi unisce alla strada che collegava Ninive Questa posizione strategica, aveva reso Harran un crocevia di merci, diventando conseguentemente un luogo di incursioni. Nel XVIII secolo a.C., il re assiro Shamshi-Adad I (1813–1781 a.C.) lanciò una spedizione per mettere in sicurezza la rotta commerciale di Harran.
- Età Ittita Dopo il trattato tra l’Impero Ittita ed il regno di Mitanni, Harran fu bruciata da un esercito ittita guidato dal principe Piyashshili nel corso della campagna per la conquista del regno di Mitanni.
- Età Neo Assira Nel XIII secolo a.C., il re assiro Adad-Nirari I riferì di aver conquistato la “fortezza di Kharani” e di averla annessa come provincia. Intorno al 1100 a.C., sotto il nome di Harranu (strada, sentiero; campagna, viaggio) la città aveva una fortezza e si narra di elefanti nella regione. Le iscrizioni del X secolo a.C. rivelano che Harran aveva alcuni privilegi di esenzione fiscale e libertà da certe forme di obblighi militari. Nel periodo neo-assiro Shalmanester d’Assiriarestaurò il tempio nel IX secolo a.C. che fu nuovamente restaurato da Assurbanipal intorno al 550 a.C.
- Età Neo Babilonese Durante la caduta dell’Impero neo-assiro, Harran divenne la roccaforte del suo ultimo re, Ashur-uballit II, che si era ritirato da Ninive quando fu saccheggiata da Nabopolassar di Babilonia e dai suoi alleati Medinel 612 a.C.. Harran fu assediata e conquistata da Nabopolassar e Ciassare nel 610 a.C.. Fu brevemente ripresa da Ashur-uballit II e dai suoi alleati egiziani nel 609 a.C., prima che cadesse definitivamente nelle mani dei Medi e dei Babilonesi nel 605C. Anche l’ultimo re del periodo neo-babilonese, Nabonede, proveniva da Harran come comprovato da testimonianze del tempio della stele di sua madre Adad-Guppi, di origine assira. Nabonede fece una sostanziale espansione al Tempio di Sin, ed è da questa fase del funzionamento del tempio che divenne un famoso centro di astronomia e conoscenza nell’antichità classica. La città divenne un bastione per l’adorazione del dio della luna Sin durante il regno di Nabonedo nel 556-539 a.C., con grande costernazione della città di Babilonia nel sud, dove Marduk rimase la divinità principale.
- Età Persiana Harran divenne parte dell’Impero dei Medi dopo la caduta dell’Assiria e successivamente passò alla dinastia persiana achemenidenel VI secolo a.C. Entrò a far parte della provincia persiana di Athura, la parola persiana per Assiria. La città rimase nelle mani dei persiani fino al 331 a.C., quando i soldati del conquistatore macedone Alessandro Magno entrarono nella città.
- Età Seleucide Dopo la morte di Alessandro l’11 giugno 323 a.C., la città fu contestata dai suoi successori ma alla fine entrò a far parte del regno di Seleuco I Nicatore, dell’Impero seleucide. Per un secolo e mezzo la città fiorì e divenne indipendente quando la dinastia dei Parti della Persia occupò Babilonia. I re dei Parti e dei Seleucidi erano entrambi felici di uno stato cuscinetto, e la dinastia degli Abgaridi arabi, tecnicamente vassalli del “re dei re” parti, avrebbe governato Osrhoene per secoli. La lingua principale parlata in Oshroene era l’aramaico
- Età classica In epoca romana, Harran era noto come Carrhae, e fu il luogo della battaglia di Carrhae nel 53 a.C., in cui i Parti sconfissero un grande esercito romano al comando di Crasso, che fu ucciso. Secoli dopo, l’imperatore Caracallafu assassinato qui, probabilmente su istigazione di Macrino (217). Nel III secolo la regione era una provincia di frontiera dell’Impero Romano, luogo di grandi guerre tra Roma e la Persia. L’imperatore Galerio fu sconfitto nelle vicinanze dai successori dei Parti, la dinastia dei Sassanidi di Persia, nel 296. La città ha alternato il dominio dei Sassanidi e dei Romani in più occasioni dal IV al VI secolo. Nel 529, l’imperatore romano d’Oriente Giustiniano I fece chiudere l’ Accademia di Atene[10], sette filosofi neoplatonici, Damascio, Simplicio, Prisciano, Eulamio, Hermias, Diogene di Fenicia, e Isidoro di Gaza dovettero lasciare Atene e partire in esilio in Persia, presso il re Cosroe I, che li installò a Harran; dopo il trattato di pace concluso nel 532 rientrarono in Grecia. Il generale persiano Shahrbaraz completò la conquista di Oshroene un’ultima volta per i Sassanidi intorno al 610.[11]. La città passò sotto il controllo romano dopo l’offensiva di successo dell’imperatore Eraclio nel 620 per un periodo molto breve, prima di essere rilevata dalla nuova potenza emergente, i Rashidun. Nel 640 (19 del calendario musulmano), Carrhae fu conquistata dal generale arabo musulmano ‘Iyāḍ b. Ghanm.
- Età Islamica All’inizio del periodo islamico, Harran si trovava nella terra della tribù Mudar (Diyar Mudar), la parte occidentale della Mesopotamia settentrionale (Jazira). Insieme ad ar-Ruha’ (odierna Şanlıurfa) e Raqqa era una delle principali città della regione. Durante il regno del califfo omayyade Marwan II, Harran divenne la sede del governo califfale dell’impero islamico che si estendeva dalla Spagna all’Asia centrale. Si presume sia stato il califfo abbaside al-Ma’mun che, mentre attraversava Harran diretto a una campagna contro l’Impero bizantino, costrinse gli Harraniani a convertirsi a una delle “religioni del libro”, che significa ebraismo, cristianesimo o Islam. Il popolo pagano di Harran si identificò con i Sabei per ricadere sotto la protezione dell’Islam. I cristiani aramei e assiri rimasero cristiani. I Sabei sono stati menzionati nel Corano, ma quelli erano il gruppo di Mandei (una setta gnostica). Gli Harraniani potrebbero essersi identificati come Sabei per mantenere le loro credenze religiose. Durante la fine dell’VIII e del IX secolo, Harran era un centro per la traduzione di opere di astronomia, filosofia, scienze naturali e medicina dal greco al siriaco da parte degli assiri, e quindi in arabo, portando la conoscenza del mondo classico all’emergente lingua araba civiltà nel sud. Baghdad è arrivata a questo lavoro più tardi di Harran. Molti importanti studiosi di scienze naturali, astronomia e medicina provengono da Harran.
- Fine dei Sabei Nel 1032 o 1033, il tempio dei Sabei fu distrutto e la comunità urbana estinta da una rivolta della popolazione rurale ‘alid-sciitae dalle milizie musulmane impoverite. Nel 1059–60, il tempio fu ricostruito in una residenza fortificata dal principe Numayride Mani ibn Shabib. I Numayridi erano una tribù araba che dominava il Diyar Mudar (Jazira occidentale) durante l’XI secolo e aveva governato Harran più o meno ininterrottamente dal 990.
- Le Crociate Durante le Crociate, il 7 maggio 1104, fu combattuta una battaglia decisiva nella valle del fiume Balikh, comunemente nota come la battaglia di Harran. Durante la battaglia, Baldovino di Bourcq, conte di Edessa, fu catturato dalle truppe dell’Impero Selgiuchide. Dopo la sua liberazione Baldovino divenne re di Gerusalemme. Alla fine del XII secolo, Harran servì insieme a Raqqa come residenza dei principi curdi ayyubidi. Negli anni intorno al 1260, la città fu completamente distrutta e abbandonata durante le invasioni mongole della Siria.
La Harran attuale Harran è famosa per le sue tradizionali case di argilla ad “alveare“, costruite interamente senza legno. La loro tecnologia costruttiva le rende fresche all’interno, adattandosi alle esigenze climatiche della regione, e si ipotizza che si costruiscano nella stessa maniera da almeno 3.000 anni. Alcune erano ancora in uso come abitazioni fino agli anni ’80. Tuttavia, quelle che rimangono oggi sono esposizioni strettamente turistiche, mentre la maggior parte della popolazione di Harran vive in un piccolo villaggio di recente costruzione a circa 2 chilometri dal sito principale. Nel sito storico, le rovine delle mura e delle fortificazioni della città sono ancora al loro posto, con una porta della città in piedi, insieme ad alcune altre strutture. Gli scavi di un vicino tumulo sepolcrale del IV secolo aC continuano. La popolazione del villaggio oggi è composta principalmente da persone di etnia araba. Si ritiene che gli antenati degli abitanti del villaggio si siano stabiliti qui durante il XVIII secolo dall’Impero Ottomano. Le donne del villaggio hanno spesso tatuaggi e sono vestite con abiti tradizionali beduini. Alla fine degli anni ’80, la grande pianura di Harran divenne arida a causa del prosciugamento dei torrenti Cüllab e Deysan. Oggi la pianura è nuovamente irrigata grazie al recente Progetto dell’Anatolia Sud-Orientale, che consente di coltivare nuovamente cotone e riso.
Religione La città era la principale dimora del dio lunare mesopotamico Sin, sotto gli Assiri e i Neobabilonesi / Caldei e persino in epoca romana. I residenti pagani di Harran mantennero anche la tradizione di celebrare elaborati riti per ricordare la morte di Tammuz, nel mese del calendario Babilonese che porta il suo nome (Luglio), almeno fino al X secolo d.C..Il tempio di Sin fu ricostruito da diversi re, tra cui l’assiro Assurbanipal (VII secolo a.C.) e il neo-babilonese Nabonide (VI secolo a.C.).[15][16] Erodiano (IV. 13, 7) Harran è stata sin del V secolo un centro della cristianità assira ed è stato il primo luogo in cui le chiese sono state appositamente costruite in modo palese. Tuttavia, molte persone di Harran mantennero la loro antica fede pagana durante il periodo cristiano e per un certo periodo furono ancora adorate le antiche divinità mesopotamiche / assire come Sin e Ashur. Anni dopo fede islamica La grande moschea di Harran è la più antica moschea costruita in Anatolia come parte dell’architettura islamica. Conosciuta anche come la Moschea del Paradiso, questo monumento è stato costruito dall’ultimo califfo omayyade Marwan II tra gli anni 744-750. L’intera pianta della moschea che ha dimensioni di 104 × 107 m, insieme ai suoi ingressi, è stata portata alla luce durante gli scavi condotti dal Dott. Nurettin Yardimer dal 1983. Gli scavi sono attualmente in corso anche al di fuori delle porte nord e ovest. Della grande moschea, sono rimasti in piedi fino ad oggi, il minareto alto 33,30 m, la fontana, il mihrab e muro orientale, che hanno subito diversi processi di restauro
Pranzo in ristorante tradizionale. Successivamente visiteremo il Museo Archeologico di Sanliurfa. In questo fantastico museo possiamo vedere opere d’arte e sculture del sito di Göbekli Tepe, oltre a ottime informazioni su questo luogo spettacolare e un’impressionante collezione del Paleolitico. Va notato che questo museo espone la scultura più antica della storia dell’umanità,
Al termine trasferimento in hotel. Cena in ristorante locale e pernottamento in hotel.
Giorno 08º: URFA/GAZIANTEP
Prima colazione in hotel. Dopo la colazione, ci dirigiamo verso Balıklıgöl noto anche come Pozza di Abramo o Lago di Halil-Ür Rahman che è una significativa piscina situata al centro di Şanlıurfa. Il sito è considerato un luogo sacro per le leggende ebraiche e islamiche. Secondo la leggenda, Nimrod gettò Abramo nel fuoco dopo che il profeta rifiutò di seguire la sua religione. Tuttavia, Abramo sopravvisse alle fiamme poiché il fuoco si trasformò in acqua e la legna da ardere divenne le carpe che si possono vedere nuotare nella piscina oggi. Le carpe sono considerate sacre e ai visitatori non è permesso catturarle o mangiarle. Invece, si incoraggia a nutrire i pesci.. Dopo aver ascoltato la storia, fotografiamo i pesci nel lago davanti alla Moschea Halil-ur Rahman, che ha sulla sua parete il versetto “O fuoco! Sii fresco e sicuro per Abramo!”. Il sito è anche sede delle piscine d’acqua di Aynzeliha, un’altra località significativa di Şanlıurfa. Aynzeliha è il luogo in cui la figliastra di Nimrod, Zeliha, si sarebbe innamorata del profeta Abramo. Dopo averlo visto gettato nel fuoco, Zeliha si sarebbe gettata nelle fiamme. L’area in cui cadde è ora conosciuta come “Lago di Ayn-ı Zeliha” ed è situata accanto alla Pozza di Abramo.
Il Castello di Şanlıurfa, che si affaccia sulla Pozza di Abramo, è considerato il luogo in cui Abramo fu gettato da una catapulta. Insieme, questi luoghi offrono uno sguardo sulla ricca storia religiosa e culturale di Şanlıurfa.
Una grotta nelle vicinanze la Grotta di Mevlid-i Halil è ritenuta il luogo di nascita di Abramo, aggiungendo ulteriore significato religioso all’area
Approfondimenti Balıklıgöl questo luogo sembra essere stato un sito di culto molto prima dell’epoca di Abramo, poiché vi è stata rinvenuta una statua risalente al Neolitico preceramico (circa 8000 a.C.). Come la stessa città di Urfa, la storia successiva del sito è incerta fino al periodo ellenistico, quando la città fu conquistata dalle forze macedoni sotto Alessandro Magno e fu ribattezzata Edessa dal generale Seleuco I. Durante il periodo ellenistico, Edessa era uno dei santuari della dea siriana Atargatis, che aveva anche centri importanti in tutta la Siria. Anche in queste località, le vasche dei pesci erano luoghi sacri e ne era vietato il consumo
Nel periodo della tarda antichità, il sito era collegato alla storia di Abramo e al suo scontro con Nimrod. Questo collegamento risale originariamente a una storia ebraica del I secolo d.C. Nimrod, irritato dal rifiuto di Abramo di adorare gli idoli e di costruire la Torre di Babele, tentò di bruciare vivo il patriarca, per poi salvarlo miracolosamente dalle fiamme
Il complesso comprende la Moschea Halil Rahman, la Moschea Rizvaniye e il Giardino Gölbaşı. I visitatori possono dare da mangiare ai pesci, ma non possono catturarli. A sud del bacino si trova il parco chiamato Gölbaşı, attraversato da canali. Tramite questi, il Balıklıgöl è collegato a un altro stagno chiamato Ayn-i Zeliha Gölü, che ha una dimensione di 30 × 50 metri. Il cortile è il luogo in cui prosperano i pesci. Una leggenda locale dice che vedere un pesce bianco aprirà la porta del cielo. A sud-ovest della vasca si trova la Moschea Rizvaniye, costruita nel 1211, durante il regno degli Ayyubidi, una dinastia musulmana-curda. il complesso è oggi circondato dai suggestivi giardini Gölbaşı, progettati dall’architetto Merih Karaaslan.
Successivamente, visitiamo nella la zona vecchia della città il mercato locale .
Partenza per Gaziantep dove effettueremo il pranzo in ristorante locale. Dopo pranzo la visita Museo Mosaici di Zeugma questo è il più importante museo dei mosaici romani al mondo. Una struttura moderna con tutte le ultime tecnologie, ci trasporta nella ricchezza delle Ville Romane dell’antica valle della Mesopotamia.
Successivamente, passeggiando per la zona vecchia, visiteremo il Mercato del Rame. il Bakırcılar çarşısi che è unico nel suo genere, con più di cinquecento anni di storia alle spalle. Gli artigiani erano e sono giustamente famosi per la qualità degli utensili da cucina in rame, di solito placcato in zinco o argento. Sedie, scrivanie, tavolini reggilibri e paraventi di legno intarsiato vengono ancora prodotti a mano, come secoli fa.
Cena in ristorante e pernottamento in hotel.
Giorno 09º: GAZIANTEP/HALFETI/GAZIANTEP
Dopo la colazione partenza per la visita Museo Archeologico di Gaziantep è uno dei musei più importanti della Turchia meridionale poichè ospita una vasta collezione di reperti archeologici provenienti dalla regione circostante, che abbracciano periodi che vanno dalla preistoria fino all’epoca romana e bizantina. Tra i pezzi più significativi ci sono mosaici antichi, statue, monete, e manufatti di vita quotidiana che offrono un’importante testimonianza della storia locale e della cultura della regione. Pranzo in ristorante locale.
Proseguimento verso l’Eufrate fino ad Halfeti dove ci imbarchiamo su un piccolo e comodo battello che ci porta in un giro dell’Eufrate, poiché l’ attrazione di Halfeti è il suo paesaggio sommerso dovuto al fatto che gran parte di Halfeti è stata sommersa dall’acqua a causa della costruzione di una diga negli anni ’90, e una nuova città è stata costruita a 15 chilometri di distanza. Di conseguenza, l’insediamento è diviso tra l’antica Halfeti e la nuova Halfeti. La vecchia Halfeti può essere raggiunta affittando una barca e offre una vista nostalgica di case, alberi, minareti e monumenti semisommersi. Una delle vedute più iconiche è quella del minareto semisommerso di Savaşan Koy a Halfeti. Le case di Halfeti sono fatte di pietra, hanno due piani e un tetto piatto. Sono tutte parallele tra loro, rivolte verso il fiume Eufrate.
Halfeti ha una ricca storia che risale all’855 a.C., quando fu fondata dal re assiro Shalmaneser II., poi durante l’era romana, la città era conosciuta come Akamai, che successivamente cambiò in Koyla. Halfeti è stata governata da varie civiltà nel corso della sua storia, tra cui gli Assiri, gli Arabi, gli Umayyadi, gli Abbasidi, i Selgiuchidi e gli Ottomani. Oltre al suo valore storico e architettonico, Halfeti era anche famosa per le sue rose nere, che appaiono ogni pochi anni durante la stagione estiva grazie al terreno unico e ai livelli di pH delle acque sotterranee che provengono dal fiume Eufrate. Purtroppo, le inondazioni causate dalla diga hanno quasi fatto scomparire queste rare rose.
Successivamente rientro a Gaziantep. Cena in ristorante locale e pernottamento in hotel.
Giorno 10º GAZIANTEP/ISTANBUL/ITALIA
Prima colazione in albergo e trasferimento all’aeroporto di Gaziantep per il volo di rientro in Italia.
LA QUOTA COMPRENDE:
I Prezzi Includono:
– Voli in classe economica con franchigia bagaglio 20 kg.
– Pernottamento di 9 notti in alberghi categoria 3* / 4*
– Trattamento di pensione completa con bevande escluse
– Guida professionale parlante italiano.
– Tutti i trasferimenti e visite in minibus granturismo con A/C.
– Mantenimento della Guida ed autista
– Tassa di soggiorno
– Parecheggi e pedaggi
- Assicurazione medico bagaglio e annullamento
I Prezzi Non Includono:
- Tasse aeroportuali € 280,00 soggette a riconferma al momento dell’emissione della biglietteria.
– Mance in alberghi e ristoranti, ingressi ai musei e siti da € 200 per persona da pagare all’arrivo alla guida (obbligatorio).
– Bevande ai pasti.
– Mance per la guida e l’autista da € 50 per persona da versare in loco.
– Extra personali, escursioni facoltative,
- Tutto quanto non espressamente menzionato
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