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Cosa è incluso
Sono previsti voli e treni da tutta Italia
1° Giorno – Roma – Bertinoro – Ravenna
Ritrovo dei partecipanti in luogo e orario da stabilire e partenza in bus privato,destinazione il borgo di Bertinoro.Pranzo libero lungo la strada. Sono principalmente due le storie che si tramandano riguardo all’origine del nome di Bertinoro. La prima racconta che Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, assaggiato un vino servito in un’umile coppa di terracotta, disse: “Non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro”. Da qui il nome della città. La seconda teoria, fa derivare il nome “Bertinoro” dal genitivo dei frati britannici che anticamente soggiornarono qui, britannorum, poi modificatosi nelle varie trascrizioni.

2° Giorno: Ravenna
“Ravenna, carica di secoli, pesante vascello arenato nelle sabbie dell’Adriatico con il suo carico di Bisanzio”… M. Barrès










4° Giorno: Ravenna – Longiano – Roma o altre città
Dopo la prima colazione, rilascio delle camere e partenza per la visita di Longiano. “Longiano, o come scrivevano gli antichi, Lonzano, terra delle più copiose, è situato fra Cesena e Rimini, sopra assai delizioso colle. Chiunque, per poco sia pratico di questi luoghi, può rilevare e la salubrità dell’aria e l’amenità del sito ov’è collocato”… [estratto da un antico testo di storia locale] Il Comune di Longiano, in Provincia di Forlì-Cesena, è stato insignito nel 1992 dalla Comunità Europea e dalla rivista Airone del riconoscimento di “villaggio ideale” e, nel 2015, della bandiera arancione, ambito riconoscimento riservato dal Touring Club Italiano ai borghi e ai Comuni che si distinguono per la qualità del vivere, dell’accoglienza e dell’offerta culturale.

Maggiori informazioni su questo tour
“Romagna solatia, dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta”…
Giovanni Pascoli
Un patrimonio (Unesco dal 1996) unico ed incredibile che vi lascerà letteralmente a bocca aperta, per la bellezza, i colori e la bravura di chi ha creato autentici gioielli dal valore inestimabile.
Ravenna è città colma d’arte e cultura. È la città del mosaico, una città antica, eletta per ben tre volte capitale: dell’Impero Romano d’Occidente prima, del Regno goto sotto Teoderico poi, e per ultimo dell’Impero bizantino in Europa.
La magnificenza di quel periodo ha lasciato una grande eredità di monumenti: sono ben otto gli edifici che sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco,la Lista del Patrimonio Mondiale, che rendono la città di Ravenna un vero e proprio scrigno di tesori da scoprire.
Per l’inestimabile valore delle testimonianze storiche e artistiche, Ravenna, città del mosaico, è stata riconosciuta Patrimonio Mondiale dall’UNESCO con queste motivazioni: “l’insieme dei monumenti religiosi paleocristiani di Ravenna è di importanza straordinaria in ragione della suprema maestria artistica dell’arte del mosaico. Essi sono inoltre la prova delle relazioni e dei contatti artistici e religiosi di un periodo importante della storia della cultura europea”.
Basilica di San Vitale – Basilica di Sant’Apollinare Nuovo – Basilica Sant’Apollinare in Classe – Battistero degli Ariani -Battistero Neoniano – Cappella Arcivescovile – Mausoleo di Galla Placidia – Mausoleo di Teodorico
osservate questo video clikkando qui sotto :
http://www.ravennamosaici.it/orari-e-prezzi/
Scoprire Ravenna significa percorrere un viaggio nella storia, ammirando le basiliche paleocristiane e bizantine, i battisteri, le chiese romaniche, gli affreschi giotteschi di Santa Chiara, la monumentale Biblioteca Classense,gli edifici di architettura rinascimentale, gli eleganti palazzi seicenteschi e settecenteschi del centro.
Ravenna Capitale dei Mosaici
Narra la leggenda che i Bizantini fossero un popolo magnifico e misterioso. Ravenna, la loro antica città, capitale dell’Impero Romano d’Occidente, è proprio così: misteriosa e splendida . Ravenna “superstar” é una delle città cult europee: si viene qui almeno una volta nella vita e da ogni parte del mondo. E non basta un giorno per decifrare – tassello dopo tassello – il mondo pieno di simboli dei Bizantini, attraverso i loro bellissimi mosaici. Unici al mondo.
La storia di un territorio passa certamente anche attraverso la cultura della sua cucina.
La Romagna ha importanti tradizioni enogastronomiche che affondano le proprie radici nella storia della romanità. Non altrimenti sarebbero spiegabili prodotti importanti come l’olio d’oliva, la piadina e i formaggi.
Così la storia spiega la tradizione in tavola e viceversa.
Visiteremo anche due Borghi magnifici,Bertinoro ,e poi Longiano,con la visita alla collezione Balestra…….non aggiungiamo altro…
‹‹Arrivato all’arte della gavetta, ora che comincio ad orientarmi, provo soddisfazioni notevoli.
Alle volte qualcosa di più; quello magari per cui abbiamo lottato per anni senza mai riuscire ad ottenere: la gioia.››
Tito Balestra, Diario di Casimiro Reis, 1946.
Bertinoro è un borgo di origine medievale situato su una collina da cui si gode di un magnifico panorama sul mare a sulla pianura romagnola. Per questo motivo è conosciuto come “Il Balcone della Romagna” oltre a essere la “Città del Vino” e la “Città dell’ospitalità”.Fa parte dell’associazione dei Borghi Autentici d’Italia.
Sono previsite visite ad aziende del territorio in cui poter assaggiare e comprare i prodotti della tavola, salumi, formaggi e i pregiati vini.
Un tour ad ampio respiro.
Il nome “Romagna”
“Nomina sunt consequentia rerum”: come dicevano i latini, nel nome c’è l’essenza delle cose…
Il termine Romagna deriva infatti da Romània e Romandìola, perciò “Terra di Roma” definizione data all’Esarcato Ravennate che comprendeva gran parte della Romagna e che si rifaceva all’occupazione romana che due secoli a.C. si sostituì a quella celtica senza però cancellarne le tracce.
Così che oggi il territorio e le tradizioni romagnole conservano le tracce delle due culture. Come l’esistenza in Romagna di ben tre capodanni: a quello del primo gennaio, consolidatosi nel Medioevo, si affiancano il capodanno celtico che va dal primo all’11 novembre, festa di San Martino e quello romano del primo marzo, ancora celebrati in varie parti della Romagna.
Si rifà al capodanno celtico ad esempio la preparazione delle “fave dei morti”, dolcetti rotondi variamente colorati, confezionati con i semi di anice esclusivamente tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Sono dolci che si rifanno all’antica usanza di mangiare fave in onore dei morti che tornavano sulla terra proprio dal primo all’11 novembre per “rinnovare il tempo”, cioè chiudere una stagione agricola e propiziarne un’altra. In questo senso le fave rappresentavano l’inizio della vita e quindi di una nuova stagione essendo un seme e ricordando nella forma un testicolo. Per lo stesso motivo ancor oggi per San Martino si mangiano castagne e si beve il vino appena spillato, vino rosso o, come si dice in Romagna, vino nero, vale a dire Sangiovese, per esaltare per accumulare calore e vigore che simbolicamente verranno sprigionati nella nuova stagione agricola.
Il capodanno romano del primo marzo è ancora ricordato – soprattutto nella fascia collinare – con il rito del “Lume a marzo”, vale a dire l’accensione di falò nelle ultime tre sere di marzo e nelle prime tre di marzo o solo nella notte di passaggio tra i due mesi. Il fuoco, grazie al suo potere di purificare, ha il compito di eliminare tutti gli influssi negativi della stagione agricola passata e per la luce ed il calore che emana di propiziare quelle che sta per iniziare.
La collezione costituita da Tito Balestra è, senza dubbio, la più consistente di tutta la regione nel settore dell’arte contemporanea, vi si possono trovare tracce dei più grandi artisti del ‘900 italiano (da Mafai a Rosai, da De Pisis a Sironi, passando per Guttuso, Morandi, Vespignani, Zancanaro) e del panorama internazionale (Chagall, Goya, Kokoschka, Matisse, Twombly fra gli altri). Particolarmente ingente è il numero di opere di Mino Maccari, intimo amico del poeta (ne fu il testimone di nozze) e importante figura della pittura italiana del secondo Novecento. I 1903 pezzi, fra olii e grafica, testimoniano l’attività dell’artista toscano dal 1920 al 1976, costituendone quasi un museo autonomo.
La nascita della raccolta si deve principalmente agli intensi rapporti di scambio e di amicizia intercorsi fra Tito e l’universo artistico-culturale del secondo Dopoguerra. Collezionista del tutto particolare, guidato da una passione e una sensibilità uniche, ben lontane dalle mode, dall’opportunismo e dalle logiche prettamente economiche del mercato, nelle proprie scelte Tito Balestra non veniva influenzato da null’altro che non fosse il proprio spirito ed il proprio gusto, che lo portavano, attraverso il collezionare, ad integrare visivamente la propria poetica. Un vero amatore in grado di raccogliere intorno a sé quelle testimonianze dell’arte spesso destinate a dissolversi poco dopo essere nate: molti sono infatti gli schizzi, i ripensamenti, gli scarti di una produzione d’artista che Balestra recuperava e custodiva gelosamente, riconoscendo in essi quel valore aggiunto che lo stesso autore negava loro. Altre opere sono entrate a far parte della raccolta attraverso regali, baratti e scambi, meno frequentemente acquisti veri e propri, segnale questo di come la collezione si alimentasse ad ogni incontro, e rappresenti ora come allora, un percorso di vita, costellato di amicizie e passioni. Spettatore certo, ma anche protagonista di una grande stagione, quella romana che copre gli anni dal 1946 al 1976, corpus principale della collezione, alla quale si aggiungono come perle le preziose opere di autori stranieri.
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