- Informazioni
- Mappa
- Recensioni
- Informazioni aggiuntive
- Tour simili
Cosa è incluso
CAPODANNO IN CAMPANIA
E VISITE ESCLUSIVE DEI VIAGGI DI GIORGIO
La leggenda delle scarpe consumate della Madonna Annunziata,anche Alberto Angela nella trasmissione “Una notte a Napoli ” è stato qui,per farVi capire importanza di questo luogo per i napoletani.
“C’è una Madonnina nel quartiere di Forcella, non al centro di una chiesa, ma in un angolo, dentro una teca, dal mantello azzurro e dai lunghi capelli veri, che le donne della zona le regalarono per omaggiare la mamma di tutti i bambini abbandonati.
La Statua della Madonna dell’Annunziata ha una particolarità: ha le scarpe consumate. Suor Maura ne raccontò la storia a Il Mattino: “Nessuno lo chiama miracolo, per carità. Qualcuno la definisce leggenda. La statua della Madonna viene curata con amore dalle suore. Capelli sempre in ordine, vestiti lindi, comprese le scarpine. Che vanno cambiate spesso, perché la suola si consuma“.
Il dipinto nascosto nella Chiesa di San Giorgio Maggiore
Napoli è una città che regala sorprese continue: dall’antico anfiteatro romano incastonato nelle mura dei palazzi moderni – in cui si esibì anche Nerone – alla sua città sotterranea, dalla fusione di sacro e profano del Cimitero delle Fontanelle alle Anime Pezzentelle, non c’è cosa in città che non nasconda qualcos’altro.
E l’essenza di Napoli, questo suo mostrarsi “a strati”, sempre diversa da se stessa, trova il suo simbolo più affascinante nell’opera “nascosta” di Aniello Falcone nella chiesa di San Giorgio Maggiore di Napoli.
Nel novero di cose da vedere a Napoli, San Giorgio Maggiore è sicuramente una delle più insolite, perfetta per scoprire uno dei volti meno conosciuti ma più autentici e indimenticabili della città!
TEATRO TEMPIO DI PIETRAVAIRANO
UN GIOIELLO IN PROVINCIA DI CASERTA
Uno dei più belli e rari esempi di impianti del tipo teatro tempio, accertati in Sud Italia, si trova sulla sommità di Monte San Nicola, nella frazione Sant’Eremo del comune di Pietravairano. All’altezza di circa 500 metri s.l.m. è stato individuato un antico santuario costituito da un tempio ed un teatro, posti su due terrazze a quote differenti, la cui scenografia è accentuata ancor di più dallo straordinario panorama.
Tra i tanti teatri e anfiteatri delle antiche popolazioni che per secoli si sono succedute in Campania c’è ne uno che merita una visita: Il Teatro Tempio di Pietravairano, in provincia di Caserta.
Il complesso archeologico è un raro esempio di impianto di tipo teatro-tempio che i romani realizzarono in età repubblicana (II-I secolo a.C.). La scenografia è straordinaria grazie anche al panorama mozzafiato che abbraccia tutto il territorio dell’Alto Casertano.
Campania: a Capua l’Abbazia con la Bibbia illustrata
E’ uno dei più bei monumenti del Medioevo campano e possiede un ciclo di dipinti tra i più ricchi della pittura romanica: ecco l’Abbazia di Sant’Angelo in Formis.
Il paradiso dell’arte esiste, ed è a Sant’Angelo in Formis. La sua abbazia, infatti, è di uno straordinario tale da apparire, in un primissimo momento, quasi misteriosa. Eppure bisogna capire che questo posto è di tutti, perché “tutti noi siamo Sant’Angelo in Formis” e la sua chiesa rappresenta ciò che siamo stati, la nostra storia. Non una qualunque, ma una storia che racconta il risveglio culturale europeo e la nascita di un edificio che rimane il più fedele riflesso di ciò che era l’abbazia di Montecassino in quegli stessi anni.
L’abbazia di Sant’Angelo regala l’emozione di essere trasportati in un’altra dimensione, dove si può respirare e scoprire una pagina di storia realmente affascinante per la cultura e l’arte della nostra Italia sconosciuta.
Chiesa Di San Giovanni A Carbonara E I Suoi Misteri
Il Cimitero delle 366 fosse della Napoli borbonica: il primo cimitero pubblico in Europa
A Napoli esiste ancora un grande cimitero costruito in periodo Borbonico che fu il primo cimitero pubblico in Europa e forse nel mondo. Fu progettato e costruito dall’architetto Ferdinando Fuga e commissionato direttamente dal Re Ferdinando IV.
Tutti ne parlano e tutti più o meno sanno cos’è ….
E’ la Tombola Vajassa … una scostumatissima tombola napoletana.
Si tratta di una versione riveduta e “corretta” della tradizionale tombola dei femminielli napoletani.
Ospiti, viaggiatori dei tempi moderni, esperienze uniche ed esclusive sotto il sole di Napoli:
la vista sul Vesuvio e sul Golfo è da mozzare il fiato,
LA COSA CHE RENDE QUESTO TOUR DAVVERO UNICO E’ LA VISTA PAZZESCA SUL GOLFO DI NAPOLI AVRETE INCREDIBILE FORTUNA DI ASSISTERE IL 31 SERA ALLA MEZZANOTTE,AL TRIPUDIO DI FUOCHI D’ARTIFICIO PER TUTTO IL GOLDO DI NAPOLI.
UN ESPERIENZA UNICA NELLA VITA
30 Dicembre Roma-Napoli
Ritrovo dei partecipanti in orario e luogo da definire e partenza in bus privato , in direzione Campania. Soste lungo autostrada.
Esiste a Napoli sulla collina di Poggioreale un luogo particolare che è il cimitero di Santa Maria del Popolo, conosciuto in città e nel mondo intero come Cimitero delle 366 fosse. Voluto da re Carlo di Borbone fu poi realizzato nel 1762 dall’architetto Ferdinando Fuga su incarico di Re Ferdinando IV di Borbone.
Un’opera straordinaria e particolare progettata e realizzata dal Fuga secondo lo spirito dell’epoca dei “lumi” e che introdusse la sepoltura per i poveri razionalizzando al tempo stesso il criterio degli interramenti.
All’epoca per le persone nobili e per i ricchi c’erano le sepolture nelle cappelle delle chiese mentre i poveri erano sepolti in fosse comuni appena fuori la città come ad esempio il Cimitero delle Fontanelle o in una cavità dell’Ospedale degli Incurabili.
L’architetto Fuga, già autore dello straordinario Albergo dei Poveri di piazza Carlo III, progetto unico per l’accoglienza e l’assistenza dei poveri del Regno ideò così, su volontà reale, un luogo per dargli degna e sicura sepoltura.
Un luogo importante che anticipò di almeno cinquant’anni gli editti napoleonici riguardanti l’igiene delle sepolture e il conseguente obbligo di edificare i cimiteri lontano dall’abitato.
Una fossa per ogni giorno dell’anno compreso gli anni bisestili
La particolarità del luogo, oltre a un posto degno di sepoltura, era di disporre di 366 fosse, una per ogni giorno dell’anno, che consentivano la sepoltura ordinata dei morti secondo il giorno del decesso e un criterio cronologico che teneva conto anche degli anni bisestili.
Le fosse erano numerate e ogni giorno veniva aperta una fossa diversa che corrispondeva al numero progressivo del giorno, che a sera veniva poi richiusa e sigillata dopo la benedizione del sacerdote. Una volta messi i cadaveri del giorno nella fossa si provvedeva a ricoprire di calce e terra la fossa che veniva poi riaperta l’anno successivo.
Le sepolture avvenivano tutti i giorni dalle sei e mezza della mattina alle sei e mezza della sera. In questo modo anche le persone povere del regno avevano una sepoltura degna e i familiari un luogo dove pregare.
Pranzo libero.
Siamo in via Duomo, lungo la «Via dell’Arte» o meglio ancora sulla «Via dei Musei» come è stata recentemente battezzata; una passeggiata culturale che racchiude ben 7 splendide meraviglie dell’arte napoletana, uno scrigno prezioso che abbraccia simbolicamente chiese e musei.
E se a queste aggiungessimo l’8 meraviglia?
La Chiesa di San Giorgio Maggiore (ai Mannesi) ubicata in via Duomo, rappresenta per Napoli una rilevante testimonianza dell’ arte Paleocristiana ben conservata, costruita fra la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C durante il Medioevo era fra le prime quattro chiese di Napoli, insieme a quella di dei Santi Apostoli, di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni Maggiore che primeggiava nel cuore del centro storico, divenendo l’edificio di culto e di devozione locale da parte del popolo, tra Forcella e Spaccanapoli.
Inizialmente fu chiamata «La Saveriana» appellativo derivante dal nome del Vescovo fondatore che volle erigere la Chiesa: Saverio di Napoli, un uomo molto amato dai suoi fedeli sopratutto in un’epoca carica di paganesimo, un pastore di grande spessore umano e religioso, venerato come un santo e canonizzato dalla Chiesa Cattolica dopo la sua morte.
Il suo culto secondo una leggenda, pare che sia legato al «primo miracolo» di San Gennaro ovvero della liquefazione dei santi grumi; infatti San Saverio è eletto il secondo compatrono di Napoli e Patrono della diocesi San Severo a Foggia.
Le sue spoglie risalgono al V secolo d.C. e furono scoperte presso le Catacombe nel cuore della Sanità, da Gennaro Aspreno Galante nel 1867. Queste furono traslate in San Giorgio Maggiore , dove tutt’ora sono conservate gelosamente, custodite sotto la mensa dell’altare maggiore della chiesa; insieme ai resti mortali è custodito anche il famoso «Battistero» (impiegato per officiare il rito del Battesimo) considerato il più antico d’Occidente ed il più importante di Napoli.
«La Saveriana» durante il IX secolo,fu intitolata al grande martire guerriero San Giorgio una delle figure cristiane più importanti e suggestive, legata al mito fantasioso del «Drago» simbologia dell’eterna lotta del bene contro il male.
Dove è custodito il dipinto nascosto?
Il tesoro nascosto della Chiesa di San Giorgio Maggiore è custodito alle spalle dell’altare e rivela (per chi non l’ha mai vista) qualcosa di sorprendente e misterioso. L’altare maggiore è di impianto rettangolare ed è stretto da un solido abbraccio da un fascio di colonne bianche disposte a semicerchio; qui alle spalle si possono ammirare due capolavori della pittura napoletana del seicento: opere di Alessio D’Elia legato alla grande scuola di Francesco Solimena. Le due enormi tele si fronteggiano in un’armonico sguardo, quella a lato destro raffigura la maestosità del ciclo di battaglia di «San Giorgio e il Drago» e quella a lato sinistro ha come soggetto la vita di San Severo, il santo fondatore.
La sorpresa è celata dietro al dipinto di San Giorgio e il Drago che rivela il medesimo soggetto ritratto alcuni decenni prima da un brillante pittore.
Dopo un recente restauro di qualche anno fa che ha visto impegnato la parte del coro, si è notato che sotto al quadro del D’Elia di San Giorgio e il Drago, veniva alla luce un bellissimo affresco ancora integro e dai colori brillanti. Immaginate lo stupore e il suo valore artistico.
Trattasi dell’affresco di San Giorgio e il Drago di Aniello Falcone databile attorno al 1645, un’opera carica di forza emotiva e di impatto suggestivo che descrive con pochi e chiari elementi, le atmosfere «fiabesche» del mito medioevale. Cosa ci faceva lì?
L’affresco è custodito con parsimonia, nascosto dalla tela del D’Elia che è stata sistemata su un forte telaio con cerniere, come un possente libro che viene aperto tramite una lunga cordicella che svela il dipinto retrostante: la magnificenza di San Giorgio e il Drago di Aniello Falcone.
IL CASTELLO DI LETTERE ILLUMINATO
Al termine delle visite trasferimento in hotel per la cena e pernottamento.
Possibilità di assistere alla la Tombola della Vajassa (presso Stabie) a cura dei Viaggi di Giorgio.
La Tombola Vajassa è la spettacolarizzazione del gioco della tombola così come viene giocato nei “bassi” napoletani esclusivamente da femminielli e donne. Il femmenello estrae i numeri dal panaro proclamandoli ad alta voce. Di solito non dice direttamente i numeri: ma il loro significato secondo la smorfia napoletana. E qui sta il divertimento della tombolata: man mano che i numeri escono, il femmenello li associa creando una storia che si forma dalla casualità del sorteggio e dalla sua fantasia!
31 Dicembre -Napoli alternativa insolita inconsueta.
Dopo la prima colazione, Vi aspetta una visita magnifica di grande spessore e curiosità,inedita.
Nell’area postindustriale di Napoli una grande fabbrica della produzione metallica manifatturiera è stata trasformata dall’intervento progettato dallo studio Vulcanica Architettura in una fabbrica della nuova produzione delle idee e della creatività, che accoglie al suo interno uffici, alimentazione a km 0, startup. L’esperienza di Brin 69 mette insieme una visione d’impresa e la visione dell’architettura, puntando a creare un nuovo paesaggio urbano, attento alla specificità del luogo e alla sostenibilità ambientale, con un valore simbolico di riscatto sociale e un valore urbano nell’ottica della rivalutazione del paesaggio ex industriale.
Il progetto crea un’immagine nitida e contemporanea, insieme legata alla memoria del tempo, rispettando la preesistenza della fabbrica col suo impianto geometrico rigoroso, sviluppando una nuova relazione con il paesaggio circostante. I nuovi volumi, trasparenti in direzione della città storica, pieni verso la città industriale, appaiono sospesi, immersi nello spazio della fabbrica, attraversano la griglia strutturale a differenti quote, oltrepassano le facciate, ritmano i prospetti, svelano l’interno/esterno dell’architettura. Lungo la galleria aperta si snoda uno dei segni più caratterizzanti, il giardino pensile con alberi d’alto fusto; l’acqua, la luce solare, la ventilazione naturale, assicurano un microclima salubre e confortevole. Un edificio simbolo di quella periferia industriale che aveva divorato le superfici verdi allontanando gli elementi naturali dalla città, ora accoglie al proprio interno luce, acqua, aria, terra.
Al termine, Vi aspetta ancora una visita inedita,bellissima :
Castello di Lettere di Castellammare di Stabia.
Il Castello di Lettere fu edificato dal Ducato Amalfitano nel corso del X secolo per difendere i suoi confini settentrionali ed era parte di una rete di fortificazioni che assicurava agli amalfitani il controllo dei due versanti dei monti Lattari. Il sito, infatti, gode tuttora di una splendida posizione panoramica che permetteva di controllare l’area dal porto di Castellammare fino alla foce del Sarno e tutto il golfo di Napoli, ma anche la Valle del Sarno dominata dal Vesuvio e dai monti di Sarno fino a Pagani.
Fin dalla sua fondazione il castello aveva la forma di un villaggio fortificato con case a più piani, come ci raccontano documenti del 1030 e del 1033. La costruzione della rocca, quella che oggi chiamiamo castello, è probabilmente da collegarsi all’insediamento di un feudatario che la edificò come luogo di residenza all’interno delle mura e simbolo del suo potere. L’edificio ha una forma trapezoidale e conserva quattro torri di cui la più alta con funzione di mastio. All’interno della cinta muraria fu realizzata anche una cattedrale, sede dal 987 di un vescovato. A questo primo edificio fu addossato nel XII secolo il bel campanile decorato con tarsie in tufo grigio e arenaria gialla che formano stelle, croci e losanghe.
La Torre del Grano e il Mastio ospitano il Museo del Parco Archeologico del Castello di Lettere, con l’esposizione dei reperti rinvenuti nel corso delle campagne di scavo condotte a partire dal 2007 quali ceramiche, oggetti in bronzo e moltissime ossa animali e la rievocazione dell’assedio del 1500. I reperti esposti illustrano non solo le modalità alimentari e la dieta del villaggio tra il X ed il XVI sec., ma evidenziano anche la rete di commerci mediterranei in cui Lettere era inserita grazie alle rotte gestite dagli amalfitani, con contenitori da trasporto e ceramiche invetriate dall’Africa Settentrionale, dalla Spagna e dalla Sicilia.
Rientro in hotel e tempo libero per prepararsi al veglione in hotel.
Il centro storico di Castellammare in questo periodo è illuminato da centinaia di luminarie.
Consigliamo una passeggiata sul lungomare con questa bellissima atmosfera.
Veglione con musica e balli in hotel (presso Stabie)
01 Gennaio -BUON ANNO-Napoli-
Sveglia e colazione con comodo.
La leggenda delle scarpe consumate della Madonna Annunziata
LA BASILICA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA MAGGIORE.
Uno dei tratti più teneri della Madonna è il suo ruolo di madre. Un ruolo che la avvicina a tante madri che hanno fatto esperienza dell’amore per i propri figli. Questa condivisione dello stesso sentire fa si che il momento dell’Annuncio, nel quale l’Arcangelo Gabriele rivela a Maria che sarà madre del Figlio di Dio, venga vissuto in maniera particolarmente emozionante da tante madri o aspiranti tali.
E non solo dalle madri. Tutti noi ci siamo ritrovati nell’infanzia ad immaginare quel momento: lo splendido angelo che scende lentamente dal cielo, la Madonna che lo accoglie con calma ed umiltà, come se di fronte a lei non vi fosse un prodigio più unico che raro, la voce dell’Arcangelo, la risposta di Maria. A Napoli la devozione per la Santissima Annunziata ha delle ragioni che vanno oltre questo semplice immaginario.
LA REAL CASA DELL’ANNUNZIATA
Ragioni molto concrete, riassunte in una frase ed in secoli di storia: “A Santa Annunziata, tutto ‘o popolo è saziàt”. Il detto popolare si riferisce all’iniziativa oggi commemorata ogni 25 di marzo, ma intrapresa nel 1304 da due giovani fratelli napoletani, Nicolò e Jacopo Scondito, quando i due provarono ad arginare il dilagante fenomeno dell’abbandono di minori.
Successivamente si occupò dell’iniziativa la Congregazione della Santissima Annunziata, finché Roberto d’Angiò, sollecitato da sua moglie la regina Sancia di Majorca, non le riconobbe un valore giuridico preciso, rinominandola Real Casa dell’Annunziata di Napoli. Soprattutto in seguito al riconoscimento statale ufficiale, la Congrega necessitava di sedi ufficiali.
LA BASILICA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA MAGGIORE
Gli Angioini non perdettero tempo, e la sede più importante fu costruita a Napoli: si trattava della chiesa di Sant’Annunziata, in Via dell’Annunziata 34. Passata attraverso incendi e bombardamenti, giunge ai giorni nostri in perfette condizioni grazie ai numerosi restauri, e regala gioie per gli occhi quali Cappella del Tesoro e Cappella Carafa, una scultura in legno del 1300 (la Madonna dei Repentiti, altrimenti detta “Mamma Chiatta”.)
Più che le meraviglie artistiche, però, ha contribuito alla notorietà della chiesa la cosiddetta “Ruota degli Esposti”. In questa specie di ruota di legno orizzontale venivano adagiati i neonati da parte di chi non aveva intenzione o possibilità di tenerli. I registri del convento non segnano nomi (per forza di cose, sconosciuti), ma caratteristiche: morfologia, peculiarità fisiche, eventuali oggetti, tutto quanto potesse essere utile ad un futuro riconoscimento del neonato da parte della famiglia.
I neonati affidati alle cure delle suore dell’Annunziata venivano chiamati Figli della Madonna, Figli d’a Nunziata, o semplicemente “Esposti”, da cui “Esposito”, che nel tempo è diventato uno dei cognomi più diffusi a Napoli (e questo la dice lunga sulla portata del fenomeno legato all’abbandono di minori, protrattosi per secoli).
Se i fratelli Scondito provarono a far qualcosa di caritatevole per aiutare i bambini abbandonati, chi usò tutt’altre maniere fu Gioacchino Murat, avviando quel processo che portò alla chiusura della Ruota degli Esposti nel 1875. Le madri napoletane intenzionate a non allevare i propri figli, spesso per indigenza estrema, non cambiarono però le proprie abitudini: cominciarono a lasciare neonati sulle scale della Chiesa, anziché nella ruota.
LE SCARPE CONSUMATE DELL’ANNUNZIATA
La fiducia nelle suore che operavano all’interno della Basilica dell’Annunziata, ereditata dalla fiducia nell’aiuto della Madonna, è testimoniata dal calore con cui viene percepita la festa dell’Annunciazione a Napoli, il 25 Marzo, e da una credenza molto particolare. Si dice che di notte la statua della Madonna presente nella Basilica dell’Annunziata si aggiri tra le vie della città per portare sostegno e conforto ai meno fortunati, soprattutto bambini.
L’instancabile opera di bene le procura però un problema: le suole delle sue scarpe si consumano. Si può e si deve credere questa sia solo una leggenda. Ma le suole delle scarpe risultano effettivamente consumate, man mano che trascorrono i mesi. Una volta all’anno, quindi, le scarpe della Madonna vengono sostituite con scarpe nuove.
E le vecchie? Vengono donate a genitori che hanno figli malati gravemente, per fornire un aiuto ed una speranza in più. Le scarpe dell’Annunziata, per quanto logore, continuano incessantemente il loro cammino, anche se ufficialmente dismesse. Come continua incessante la devozione di chi crede profondamente nella Madonna dell’Annunziata a Napoli, affidandole i propri figli.
“Per le donne del quartiere “La Madonna va a visitare tutti i suoi figli“ e quelle scarpine consumate vengono curate e considerate come una reliquia, anche se la Chiesa non riconosce il fatto. Vengono affidate a chi ha bisogno di una grazia: c’è chi le infila sotto al cuscino del figlio malato o chi le chiede per il proprio caro in fin di vita.
Suor Maura racconta che ancora oggi la Madonnina vegli sui bimbi dell’Annunziata. “Un giorno un medico in servizio di notte ha sentito una voce chiamare il suo nome. Quella voce lo ha trascinato davanti alla culla di un neonato, poi è sparita. Quel bimbo stava soffocando, la Madonna l’ha salvato. La Madonna che consuma le scarpe, quella notte vegliava su uno dei suoi figli“.
Pranzo/brunch.
Si prosegue con la visita della :
Chiesa Di San Giovanni A Carbonara E I Suoi Misteri
La trecentesca chiesa di San Giovanni a Carbonara si trova nell’omonima strada a Via Carbonara 4, è di origine trecentesca ed è tra quella più ricca di opere d’arte della città e senza alcun dubbio una delle più belle chiese della città di Napoli.
La Via Carbonara si chiamava così perché era in origine una discarica a cielo aperto per i residui della combustione del legno, del carbone appunto e tutta la cenere veniva stipata lungo questa strada.
Questa zona era anche luogo di incontro e scontro con cruenti duelli tra cavalieri descritti anche dal Petrarca che assistette sgomento ad alcuni di essi.La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1339 grazie alle donazioni del patrizio napoletano Gualtiero Galeota durante il regno di Ladislao di Durazzo, nel luogo dove sorgeva un piccolo convento di agostiniani.
L’ampliamento del quattrocento portò alla costruzione di un nuovo chiostro e la chiesa fu abbellita con marmi pregiati.E’ un monumento architettonicamente molto importante perché è un elemento di transizione tra l’arte gotica e l’arte rinascimentale.
Uno degli elementi più pregiati il magnifico mausoleo di Ladislao che Giovanna II regina di Napoli volle dedicare al proprio fratello Re Ladislao, prematuramente morto all’età di 37 anni.
Molto bella è anche la rinascimentale cappella Caracciolo del Sole, accessibile passando sotto al monumento funebre di re Ladislao nella quale è sepolto Sergianni Caracciolo.
Da visitare anche la Cappella Recco, che ospita un presepe del 1400, inizialmente fornito di 45 pastori originali dell’epoca.
Merita sicuramente una attenta osservazione anche la Crocifissione del Vasari che è possibile ammirare nel presbiterio della chiesa accanto alla tomba di Ladislao.
I misteri di San Giovanni a Carbonara
I primi misteri della chiesa di San Giovanni a Carbonara risiedono innanzitutto nei due personaggi che vi sono sepolti.
Il fratello della regina Ladislao, che fu assassinato con un veleno su parti intime di una fanciulla che desiderava possedere, ma soprattutto Sergianni Caracciolo, un maniscalco anch’egli assassinato che era ritenuto amante della regina.
La chiesa di San Giovanni a Carbonara è intrisa di massoneria, di simboli misteriosi ed esoterici che si celano tra i suoi monumenti, i suoi marmi ed i suoi pavimenti.
Innanzitutto è orientata est ovest verso il sole nascente e verso Gerusalemme, cosa insolita e chiaramente di derivazione massonica di cui ci sono diverse tracce nella chiesa.
Ad esempio su un monumento funebre nella cappella di Somma ci sono molte simbologie che si rifanno al mondo esoterico come immagini di satiri, figure demoniache che un tempo era impensabile poterli imprimere su elementi funerari.
Sul tetto c’è un occhio onniveggente racchiuso in un triangolo che è un simbolo massone che indica i tre princìpi morali: lealtà uguaglianza e fraternità.
Sull’altare Miroballo invece sono simboleggiate delle pigne che si rifanno al culto egizio, il non ti scordar di me e l’aquila che è il massimo simbolo della perfezione tutti simboli massoni presenti anche sul dollaro americano voluti dal presidente Roosevelt e dal ministro dell’agricoltura Henry Agard Wallace entrambi massoni.
Nella cappella Caracciolo del Sole il pavimento ottagonale con tanti ottagoni che si intersecano tra di loro vanno a formare il simbolo dell’infinito, simbolo matematico che rappresenta due universi che si succedono tra loro eternamente.
Questo simbolo richiama quello dei nodi d’amore presenti in tutti i templi massonici.
Inoltre nella Cappella Caracciolo del Sole è visibile anche un’incisione che riporta le parole: “antico ed accettato”. Questi erano i termini del rito scozzese iniziatico con cui venivano accolti nuovi adepti nelle logge massoniche per ottenere il primo grado di Apprendista Libero Muratore.
Se ne desume che questa cappella veniva utilizzata, probabilmente nel diciottesimo secolo, come sede di riunione per facoltosi massoni napoletani in calzamaglia.
Tempo libero per passeggiare a Spaccanapoli ,San -Gregorio Armeno la strada dei presepi ecc.ecc.
Serata musicale ESCLUSIVA PER I VIAGGI DI GIORGIO
Cena e pernottamento in hotel (presso Stabie)
02 Gennaio -Abbazia Sant’Angelo in Formis-Pietravairano-Roma-
Dopo la prima colazione e aver rilasciato le camere,si parte in direzione di Roma,ma prima abbiamo 2 visite di una bellezza,e interesse,incredibili.
Campania: a Capua l’Abbazia con la Bibbia illustrata
E’ uno dei più bei monumenti del Medioevo campano e possiede un ciclo di dipinti tra i più ricchi della pittura romanica: ecco l’Abbazia di Sant’Angelo in Formis
Lo straordinario , però, lo si avverte quando si varca la soglia e si viene totalmente investiti dall’azzurro lapislazzulo che colora le pareti e dal variopinto splendore dell’ambiente interno. Sappiamo sicuro che gli affreschi sono datati tra il 1072 e il 1087, anno di morte di Desiderio, ritratto insieme al Cristo in trono nell’iconica decorazione absidale. Ad ammantare di mistero i più importanti affreschi romanici del Sud Italia è soprattutto la circostanza per cui, ancora oggi, non si hanno molte conoscenze sugli autori del ciclo pittorico, che ricorda quello realizzato a Montecassino da maestri bizantini.Il priore cassinese, Desiderio, grande appassionato di cultura antica, nel richiamare questi “artigiani” avviò una fioritura artistica che coinvolse anche l’architettura, la scultura, la miniatura e naturalmente la pittura del tempo. Alcuni studiosi parlano di pittori che unirono a un’educazione artistica bizantina motivi occidentali; un’altra, la più accreditata, di maestranze locali liberamente ispirate dalle forme bizantine che hanno riprodotto con contrasti cromatici, espressività e movimento più forti.
Grazie al lavoro e all’abilità di questi artisti sconosciuti, oggi possiamo ammirare un immenso Giudizio Universale riprodotto sulla controfacciata mentre, sulle pareti, si possono osservare episodi salienti della vita di Cristo che accompagnano, come in un fumetto, i tradizionali riti processuali. Tra le a rcate, inoltre, figure d i antichi profeti reggono cartigli i cui versetti rimandano a Cristo, così da sottolineare il forte legame tra Vecchio e Nuovo Testamento, già noto nelle prime forme di arte cristiana e qui riprodotto in uno stile vicinissimo a quello orientale.
Dedicata a San Michele Arcangelo, la basilica benedettina sorge lungo il declivio occidentale del monte Tifata. Fu edificata nel X secolo sui ruderi del tempio dedicato a Diana Tifatina, di cui ripercorre il perimentro con l’aggiunta delle absidi al termine delle navate. Di quest’ultimo sono stati reimpiegati, nella ricostruzione della basilica del 1072 voluta dall’abate Desiderio di Montecassino (il futuro papa Vittore III), capitelli corinzi, colonne e la pavimentazione. La facciata è preceduta da un ampio porticato a cinque arcate ogivali di cui la centrale, più ampia, è realizzata con materiali marmorei di reimpiego. Il campanile ha un basamento in blocchi di pietra calcarea e bifore al secondo livello. La chiesa è a pianta basilicale, senza transetto, con tre navate absidate. Anche le colonne che dividono le navate sono di reimpiego. Le pareti risultano completamente affrescate con episodi dall’Antico e Nuovo Testamento attribuibili al periodo di ricostruzione della chiesa voluta dall’abate Desiderio, come testimoniano il suo ritratto nell’abside con il nimbo quadrato (utilizzato per distinguere i personaggi viventi) mentre offre a Cristo il modello della chiesa nonché l’epigrafe sul portale d’ingresso.
La decorazione interna della Basilica di Sant’Angelo in Formis è di notevole rilievo. La sua pavimentazione è molto antica, identificata come parte di quella che decorava il tempio di Diana Tifatina. Altre decorazioni a mosaico sono state recuperate in loco nel corso del tempo e oggi sono conservate presso il Museo Campano. Gli affreschi che caratterizzano la decorazione muraria della basilica sono stati scoperti nel 1868 e ne fanno uno dei monumenti più significativi del Medioevo italiano. Essi testimoniano il ruolo che i centri legati all’Abbazia di Montecassino svolsero nel territorio nell’XI secolo come centro di mediazione tra la cultura orientale e quella occidentale.
Di grande interesse è il ciclo di affreschi che abbellisce l’interno dell’edificio. L’attenzione del visitatore è immediatamente catturata dal Cristo Pantocratore che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore sono, invece, rappresentati i tre Arcangeli (nell’ordine: Gabriele, Michele e Raffaele), affiancati dall’abate Desiderio a sinistra (raffigurato con il modello della chiesa tra le mani), e da San benedetto a destra. Anche nell’abside destra l’affresco è diviso in due fasce sovrapposte: in quella superiore vi è raffigurata la Vergine col Bambino fiancheggiata da due angeli ai quali si aggiungono, nella fascia inferiore, sei santi.
Lungo la parete di sinistra si possono trovare molte tracce, tra l’altro ben conservate, di un ciclo di affreschi rappresentante episodi del Vecchio Testamento. Sulle pareti laterali della navata centrale sono raffigurati episodi del Nuovo Testamento. Sulla base del tradizionale e logico presupposto di un inizio dei lavori di costruzione della chiesa, avvenuto nella zona presbiteriale intorno al 1072, poiché gli affreschi venivano eseguiti dopo l’innalzamento delle murature, è possibile ritenere che la loro stesura sia stata avviata poco dopo la fondazione dell’edificio nella zona absidale, per poi estendersi alle pareti perimetrali, alla controfacciata, e a quelle interne del cleristorio. Gli affreschi, che ornano l’interno della basilica, furono probabilmente realizzati da alcune botteghe locali, che operarono ispirandosi a modelli bizantini. Va infatti osservato come l’uso di schemi bizantini, evidenziato dalla suddivisione dell’intero ciclo pittorico in pannelli mediante colonnine dipinte, e dalla disposizione delle figure all’interno dei singoli riquadri (si noti, ad esempio, la scena della Crocifissione), sia attenuato da un primo, seppur timido, tentativo di caratterizzazione delle figure, reso evidente dal rosso che colora le guance dei personaggi, e dalle rughe che, con tratti fortemente marcati, ne segnano i volti. Simili caratteristiche si ritrovano anche nel grande affresco della controfacciata, che raffigura il Giudizio Universale, e che ricalca lo schema iconografico bizantino, particolarmente diffuso in quel periodo; infatti, anche in questo caso le scene si suddividono in fasce sovrapposte. In alto, tra le finestre, sono raffigurati i quattro angeli con le trombe del Giudizio; nella fascia centrale vi è rappresentato Cristo Giudice con la mandorla apocalittica, tra gli Apostoli seduti sui troni; più in basso i Beati, ed infine i Dannati. Si deduce, pertanto, basandosi sul dogma dell’Incarnazione, questo ciclo di affreschi tende ad evidenziare il piano provvidenziale di Dio per la redenzione finale e la salvezza eterna dell’umanità, attuato mediante il sacrificio di Cristo, suo figlio.
L’edificio appare espressamente menzionato, per la prima volta, in un documento della prima metà del X secolo, con cui il vescovo di Capua, Pietro I, concesse ai monaci dell’abbazia di Montecassino, la chiesa di San Michele Arcangelo, prima detta ad arcum Diana e nei documenti coevi, poi, in quelli successivi, ad Formas, e, infine, Informis, o in Formis.
L’edificio è a tre navate, con quella centrale larga il doppio delle laterali, e segue il modello architettonico benedettino – cassinese con l’abside centrale più larga e più alta delle laterali; tuttavia, rispetto alla planimetria della basilica di San Benedetto a Montecassino, ricostruita dall’abate Desiderio tra il 1066 e il 1071, questa chiesa è priva di transetto.
Come si è prima detto, molti pezzi che compongono la scultura architettonica dell’edificio risalgono all’età classica, e gli unici elementi realizzati appositamente per questa chiesa sono il portale e i capitelli situati accanto all’abside centrale. Si tratta essenzialmente di capitelli corinzi caratterizzati da un fogliame piatto e bidimensionale.
L’architrave reca incisa l’iscrizione che rievoca Desiderio come fondatore della basilica. Il testo è il seguente: “CONSCENDES CELUM, SI TE COGNOVERIS IPSUM/ UT DESIDERIUS QUI SANCTO FLAMINE PLENUS/ COMPLENDO LEGEM DEITATI CONDIDIT EDEM/ UT CAPIAT FRUCTUM QUI FINEM NESCIAT ULLUM” ( CELUM e EDEM non sono errori di trascrizione). La traduzione dovrebbe essere, pressappoco, la seguente: “ Salirai al cielo, se conoscerai te stesso, come Desiderio che, pieno di Spirito Santo, adempiendo alla legge, edificò il tempio a Dio, affinché colga il frutto che non conosce fine”.
Questo borgo è famoso, inoltre, per la sua bellissima Basilica Benedettina situata nella parte più antica del borgo. Sorta sui resti del tempio di Diana, non si hanno date certe sulla sua edificazione anche se interessanti testimonianze sull’edificio sacro sono risalenti al 925 d.C.
Dopo aver ammirato questo piccolo gioiello nascosto,ci aspetta ancora una visita ancora più sorprendente :
Teatro Tempio di Monte San Nicola
UN COMPLESSO ARCHEOLOGICO MERAVIGLIOSO
Uno dei più belli e rari esempi di impianti del tipo teatro tempio, accertati in Sud Italia, si trova sulla sommità di Monte San Nicola, nella frazione Sant’Eremo del comune di Pietravairano. All’altezza di circa 500 metri s.l.m. è stato individuato un antico santuario costituito da un tempio ed un teatro, posti su due terrazze a quote differenti, la cui scenografia è accentuata ancor di più dallo straordinario panorama.
Il sentiero è accessibile a tutti pur presentando brevi tratti leggermente in salita. Una piccola fatica che regala, tuttavia, una visita e una panorama tra i più incantevoli e avvincenti della provincia.
Il Tempio
Sulla terrazza superiore troviamo il tempio, un edificio a pianta rettangolare detta tuscanica: è costituito da un’anticamera (pronao) che permette l’accesso a tre ambienti molto simili (cellae) dove, probabilmente, si trovavano le statue delle divinità adorate in questo luogo.
Il santuario di Pietravairano, insieme a quello molisano di Pietrabbondante, rappresentano un raro esempio di tempio a tre celle in ambiente sannitico, di epoca tardo-repubblicana (II-I secolo a.C.): sono la testimonianza materiale della conquista romana del territorio della Campania settentrionale.
L’associazione teatro-tempio può essere stata adottata anche per il sito archeologico di Callifae, l’odierna Roccavecchia di Pratella. Probabilmente il centro urbano di Teanum Sidicinum, l’attuale Teano, ha avuto un ruolo importante nella trasmissione dei modelli monumentali e scenografici dell’architettura romana nel cuore del Sannio, secondo una direttrice che raggiunge l’area appenninica, come provato dagli impianti di Pietrabbondante.
A detta degli storici, i luogo era un’area di culto fortificata dedicata alla dea Mefitis (in epoca sannitica). In epoca romana venne poi riconvertito in un santuario dedicato a Giunone e a esso fu aggiunto un ampio teatro, scavato direttamente nella roccia, nel quale andavano in scena diversi spettacoli.
Nella sua veste di santuario di altura, a controllo di un’importante via di comunicazione, è facile pensare che il complesso teatro tempio di Pietravairano rappresentasse un punto di riferimento per le popolazioni circostanti, disperse sul territorio. Era dunque un forte simbolo di potere e di identità collettiva.
Possiamo dire che è la perfetta sintesi fra spirito religioso, rappresentato dal tempio che doveva sorgere sulla cima del teatro, e spirito di bellezza, rappresentato dal panorama e dalle rappresentazioni teatrali. Una filosofia che senz’altro rispecchia le fortissime influenze culturali della Magna Grecia.
SI CONCLUDERA’ CON EVENTO SORPRESA ESCLUSIVA VIAGGI DI GIORGIO
Al termine di queste visite,pranzo di saluti a base di prodotti tipici locali.
Rientro a Roma e fine dei servizi o prosecuzione per la propia destinazione in aereo o in treno.
Non ci sono ancora commenti.