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I funerali dei Toraja

Pubblicato il 02/01/2019

Ecco chi sono i Toraja

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I toraja sono una tribù che vive in Indonesia, in particolare nelle Sulawesi meridionali. La leggenda racconta di un popolo proveniente dalla Cambogia che a causa della tempesta fu costretto ad approdare sulle coste dell’India. Questi non avendo a disposizione alcun rifugio dove poter proteggersi e passare la notte decisero di costruire abitazioni utilizzando le barche come tetto. Vissero nell’isolamento più totale per anni, venendo considerati da tutti un popolo selvaggio e pericoloso. La situazione mutò solo con l’arrivo dei missionari e dei coloni Olandesi che imposero la coltivazione di caffè su quelle terre, dando inizio ad un primo processo di modernizzazione, e proibirono alcuni rituali. Tra i tanti divieti ricordiamo quello di offrire teste umane durante i funerali. La famiglia del defunto incaricava infatti una o più persone di andare a caccia di teste umane nella foresta e queste ritornavano con le teste mozzate che venivano consegnate al capo del villaggio. Avveniva quindi la purificazione, la pelle veniva rimossa tramite ebollizione e il teschio veniva decorato con oro e piante pregiate.

Funerale secondo la concezione della tribù

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La caratteristica di questa tribù (come quella di tante altre tribù antiche) sta nel fatto che nonostante il progresso che la società moderna ci impone sono riusciti a mantenere una serie di usanze e tradizioni, molte delle quali legate ai rituali da svolgere in occasione di funerali. Comune a queste genti è l’idea di un mondo dei morti che debba essere raggiunto attraverso un viaggio simile a quello descritto da Dante con la barca dei dannati di Caronte. Infatti la morte non viene considerata come un evento improvviso ma come qualcosa che matura nel tempo. Nel momento in cui cessano le funzioni vitali il soggetto non viene definito morto ma solo addormentato, è considerato morto solo dopo aver celebrato il funerale che avviene spesso dopo alcuni mesi dal decesso. Più in particolare questo popolo, che per anni ha vissuto svincolato dalle altre popolazioni, ha mantenuto il culto animista Aluk To Dolo che letteralmente significa la strada degli antenati. Il culto degli antenati in questo genere di cerimonie si esprime in affascinanti e grandiosi funerali celebrati il più delle volte in settembre, durante i quali vengono sacrificati bufali e maiali. Secondo la loro concezione l’universo presenta una triplice ripartizione: mondo dei morti (mondo sotterraneo), Paradiso (mondo superiore), mondo abitato dall’uomo (mondo terrestre).

L’importanza del funerale

Il rito è molto costoso e non è un caso che nella loro religione il bufalo è simbolo di ricchezza. Lo scopo e il fine di questo momento è quello di assicurarsi che l’anima del defunto possa raggiungere la terra di Puya ossia la terra delle anime. Una volta che l’anima (ombra nera) ha raggiunto l’aldilà, può condurre una vita simile a quella condotta sulla terra ma con il vantaggio di poter beneficiare dei doni offerti durante il funerale, ed è per questo che la celebrazione è molto costosa. Tuttavia questa ha la possibilità di non rimanere nell’aldilà ma di proseguire il suo viaggio che lo porterà a diventare una divinità. L’importanza del funerale sta nel fatto che se la famiglia del defunto non è sufficientemente ricca da poter consegnare al morto i doni necessari per affrontare il viaggio, o comunque non dispone delle risorse sufficienti per poter celebrare il funerale stesso, questo non raggiungerà mai il Puya con il rischio di diventare piuttosto un’anima cattiva che minaccia le anime degli uomini ancora in vita. Le cerimonie infatti variano molto a seconda della classe sociale di appartenenza e dell’età. Se il defunto è un bambino verrà utilizzato un albero come tomba nella speranza che il prossimo figlio della famiglia del defunto crescerà forte come il tronco di un arbusto. L’albero viene poi ricoperto da una foglia di palma e può contenere anche più di un fanciullo. Queste cerimonie sono spesso un danno per l’economia della famiglia che con danze, rituali, sacrificio di bufali e combattimento di animali prosciuga quasi sempre i propri risparmi. Oltre a coloro che sono morti senza aver ricevuto un degno funerale (i bombo), esistono poi i Batitong (spiriti che si nutrono dello stomaco delle persone nel sonno), i Po’pok’ che sono coloro che vivono e volano solo durante la notte e infine i Paragusi’ che vivono nella foresta e di notte si trasformano in lupi mannari. La tribù dei Toraja attribuisce un significato particolare ai funerali tanto da ritenere questi motivo di prosperità, fertilità e ricchezza per la famiglia del defunto.

Celebrazione e caratteri della cerimonia

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Subito dopo il decesso la famiglia accoglie in casa propria amici e parenti che portano doni e offerte. Questo primo momento viene detto Dipalambi’ e viene sacrificato un bufalo, simbolo di forza e prosperità. Al sacrificio dell’animale seguono una serie di danze (mabadong) che narrano leggende e storie antiche. A questo punto la salma del defunto viene avvolta da alcuni panni costruiti a partire dalle fibre dell’ananas e viene esposta fuori dalla casa. Il sacerdote sacrifica il bufalo che deve essere il più robusto degli altri; perché è proprio nel momento del sacrificio che l’anima lascerà il corpo deceduto e la morte dell’animale permetterà a questa di completare il viaggio verso l’aldilà. Durante il funerale si terrà inoltre un banchetto a base di carne (quella del bufalo ucciso) e di una bevanda alcolica conservata fino a quel momento all’interno di una canna di bambù. A questo punto gli invitati si vestono di nero e una volta disposti intorno alla bara intonano litanie per accompagnare il defunto nel suo viaggio. Le cerimonie dei ricchi però seguono uno schema diverso, vengono infatti costruite delle strutture in bambù simili alle case tradizionali, dove saranno ospitati gli invitati e oltre alle danze e al sacrificio sarà eseguita una processione della salma e di una statua a grandezza naturale che raffiguri colui che è morto, vestita con gli abiti che questo ha utilizzato in vita. Un manichino (tau tau) viene posto al di fuori della grotta dove si trova la bara. Una volta che la sepoltura è conclusa gli invitati possono tornare nelle rispettive case ma nel mese di agosto di ogni anno durante il Ma’nene si riuniscono per lavare e purificare il corpo del defunto e vestirlo con abiti nuovi. Tutto questo avviene perché il popolo dei Toroja riconosce l’importanza non solo del mondo dei vivi ma soprattutto di quello dei morti. Se hai intenzione di vivere ciò anche solo da spettatore, questo è visibile ancora oggi, in Indonesia, una regione dell’Asia, con una tradizione molto diversa dalla nostra ma che proprio per questo ha tantissimo da insegnare ad ognuno di noi in un mondo in cui la gara alla modernizzazione spinge la maggior parte delle società ad un’apparente uguaglianza. Si dice che viaggiare è un’arte e come tutte le forme di arte ha come scopo quello di arricchire coloro che l’apprezzano, permette di conoscere nuove realtà che è la prerogativa della crescita individuale. É con questo spirito e con questa passione che il Tour Operator “I Viaggi di Giorgio” organizza una serie di attività inserite nell’ambito del turismo, con viaggi di gruppo alla scoperta di nuovi mondi e nuove realtà.



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